martedì 8 gennaio 2008

Occhi di serpente

Abel Ferrara

Sinossi film A. Una coppia, marito e moglie dell'alta borghesia newyorkese, si spacca. Finora hanno vissuto sulla linea dell'eccesso più esigente, fra sesso, orge e droga; ora lei, presa da una resipiscenza morale che sfocia nel misticismo, vuole smettere questa vita ma il marito, chiuso in un suo nichilismo delirante, vive questa scelta di lei come l'ultimo dei tradimenti. E’ maniacalmente geloso di un'ipotesi di "purezza" della moglie (contro la quale schiera le videocassette delle orge di loro due). Minaccia di ucciderla.
Sinossi film B. Un regista gira un film su una coppia dell'alta borghesia newyorkese che si spacca - naturalmente il film B contiene il film A. La lavorazione del film è un gioco al massacro: il regista vuole trasferire sotto la pelle degli interpreti le tensioni dei personaggi, li spinge all'aggressività e alla paura; i due interpreti si disprezzano reciprocamente e si scontrano proprio sul tema centrale della recitazione e della realtà (il litigio sulla penetrazione autentica, che la donna accusa l'uomo di averle imposto in una scena di sesso sul set, è uno dei momenti chiave del film). Mentre il film prosegue, e la donna intreccia relazioni sessuali col suo compagno e col regista (questi lo confessa inopinatamente alla propria moglie, distruggendo il matrimonio), il gioco di specchi tra la realtà e la finzione s'avvita su se stesso in modo tragico.
Il film è dunque la reductio ad absurdum - filosofica e morale - del Metodo. E’ il bellissimo Snake Eyes (Occhi di serpente) di Abel Ferrara, che si regge su un memorabile trio di interpreti: Harvey Keitel è il regista, James Russo l'attore, Madonna l'attrice. E molto giustamente La madre degli specchi è il titolo del film diretto dal regista/Keitel: rimandando con inevitabile rispecchiamento a Ferrara, e alla sua opera. Quell'edonismo nichilista e autodistruttivo, doloroso e come martirologico del marito/James Russo non è lo stesso dell'abbacinante capolavoro di Ferrara, Il cattivo tenente (interpretato, guarda, da Harvey Keitel)? e quell'oscuro riemergere di "purezza" della moglie Madonna non è omologo al misticismo erotico della suora stuprata nello stesso film? In verità, nella sua dolorosa dialettica che congiunge l'alto e il basso della carne, Ferrara è forse l'unico regista americano autenticamente dostoevskiano.
Dunque, ancora metacinema: ancora un film-nel-film. Che ha un senso profondo - altrimenti è sfondo esotico, o sociologia solo se ponga una dialettica fra il film "contenuto" e il film "contenente" (esempio inevitabile, Effetto notte di Truffaut, in cui ambedue i film declinano a partire da presupposti diversi il tema più intimo di Truffaut, l'evocazione della sottile linea che congiunge l'amore con la morte), o se come Snake Eyes ne sia addirittura la mise en abyme. Nel film di Ferrara, questo rispecchiarsi e confondersi del dramma dentro e fuori dallo schermo si traduce in un'intensità secca, talvolta quasi intollerabile. Attraverso la pregnanza di un doppio livello filmico (che diventa triplo se consideriamo le videocassette interne alla diegesi del film nel film) Snake Eyes è la descrizione di una tragedia reciproca: da un lato l'artista che per realizzare il film e/o per oscure pulsioni faustiane vuole tra sferire nella realtà il conflitto interno alla sua opera; dall'altro il "cattivo marito" che non sopporta di non rispecchiarsi più nella moglie, e vuole distruggerla. In entrambi i racconti, uno interno all'altro, è la tragedia di un uomo che protesta di non poter essere diverso da quello che è.
Ed è una creatura distruttiva e urlante, nella tormentosa visione cattolico-barocca di Abel Ferrara. Si può notare come la confessione delle proprie infedeltà alla moglie da parte del regista/Keitel, imprevisto shock nel racconto, abbia qualcosa in sé di malsano, arrivando alla vigilia del funerale del padre di lei non certo come una liberazione, ma piuttosto come un inconscio voler fare e farsi male; rimanda direttamente alle spirali sadomasochiste del film che Keitel sta girando. Harvey Keitel e il suo doppio James Russo non sono capaci di recitare: sono ciò che devono essere: questa è la loro tragedia.
E probabilmente la maggior grandezza del film in questi vertiginosi rovesciarsi dei piani tra la realtà e la finzione, il cinema e il suo doppio, sono quegli improvvisi abbaglianti momenti di verità "ontologica" che Abel Ferrara riesce a trasmetterci (la scena più bella di tutto Snake Eyes è semplicemente questa: Harvey Keitel e la moglie hanno fatto l'amore in macchina e vediamo dai loro visi che è riuscito male), e che passano sullo schermo come un tuono.

(Cinemazero)

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