Davide Marengo
E’ giusto salutare con simpatia il piacevole e intelligente noir “Notturno Bus”, primo lungometraggio di Davide Marengo. Perché è un segnale di speranza, nel panorama desolante del cinema italiano: proprio quel che ci serve: un film di genere (ovviamente filtrato attraverso un’ottica cinefila), capace di creare suspense, d’interessare ai personaggi e di divertire. E’ interessante che siano dei noir vari film similmente confortanti degli ultimi anni, come “Piano 17” dei fratelli Manetti, o per restare in Friuli “Film sporco” del nostro Bianchini, o la serie tv italiana più interessante, “La squadra”, o anche il fortunato “Arrivederci amore, ciao” di Michele Soavi (che però mi sembra viziato da un residuo intellettualistico). Una loro caratteristica comune è il buon uso degli attori di supporto, la pregnanza dei visi.
Non voglio dire che “Notturno Bus” - né alcuno dei noir citati - si riallacci alla grande tradizione perduta del cinema popolare italiano classico, che rinverdisca i fasti di Umberto Lenzi o Fernando Di Leo. Non ne ha le caratteristiche “locali”; l’ambientazione è italiana ma il film rientra in quello che potremmo chiamare “stile internazionale”. Buono il montaggio veloce e ritmato di Patrizio Marone, e bella la fotografia di Arnaldo Catinari, realistica ma con soluzioni eleganti (penso per esempio all’apparizione di Giovanna Mezzogiorno piccolissima sul grattacielo sullo sfondo).
Il Mac Guffin del film è un microchip a cui tutti quanti danno la caccia - e che, com’è ovvio, alla fine degli inseguimenti e degli ammazzamenti avrà perso di valore (il noir come genere non si occupa di valori materiali: il suo impianto è metafisico). Valerio Mastandrea (Franz), autista di bus indebitato fino al collo col poker, è eccellente nella sua figura di sfigato capace di improvvisi scatti d’orgoglio. Più misurata che in passato Giovanna Mezzogiorno, una truffatrice che seduce gli uomini per drogarli e derubarli (le sue scene, a parte un bacio memorabile, soffrono di eccessiva castità: segno dei tempi). Ma il top del film sono sicuramente le due forze contrapposte che li minacciano: da un lato un grande Ennio Fantastichini, agente segreto freddamente professionale ma capace di commuoversi per un amore di 30 anni prima, dall’altro la deliziosa coppia sadico-comica formata da Francesco Pannolino e da un inedito Roberto Citran. Da menzionare Iaia Forte, Antonio Catania, Anna Romantowska, ma vorrei segnalare in particolare, per l’ottima sequenza iniziale, il gelido Ivan Franek.
Colpisce in “Notturno Bus” - tratto dal romanzo di Giampiero Rigosi, che lo ha sceneggiato con Fabio Bonifici - la convincente vitalità: il racconto è agile, ricco di dettagli originali, il dialogo è indovinato. La tendenza al patetico si sente, ma è tenuta sotto controllo con qualche bel rovesciamento ironico. E c’è un sano massimalismo, con inseguimenti, sparatorie e torture, e - udite, udite - un “car chasing” di autobus nelle strade notturne di Roma.
Checché se ne senta dire, “Notturno Bus” non è un mix di noir e commedia; è un noir in piena regola, che però contiene in buona dose quell’elemento di “buffoneria” con cui il noir contemporaneo declina il grande tema base del genere, ovvero l’assurdità della vita. Per questo film qualcuno ha tirato in ballo Tarantino. Non esageriamo: Tarantino è altra cosa (mancano qui il côté filosofico e l’universalismo metacinematografico del maestro americano); ma non è sbagliato dire che c’è una certa aria di famiglia per alcuni aspetti, poiché il film si mostra capace di trovare dei tratti di bizzarria effettivamente tarantiniana – ne cito uno, l’assurdo affetto che lega il balordo Franz al suo forzuto persecutore, ed ex amico d’infanzia, “Titti”. Non voglio negare alcuni scompensi né un paio di improbabilità narrative (è assurdo che Ennio Fantastichini restituisca a Giovanna Mezzogiorno, assieme agli altri passaporti rubati, anche quello del barista ucciso); ma giacché il film tiene lo stesso, cosa ce ne importa?
(Il Nuovo FVG)
venerdì 4 gennaio 2008
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