sabato 12 gennaio 2008

The Matrix Revolutions

Larry e Andy Wachowski

A rendere notevole “The Matrix Revolutions” basterebbero solo i bellissimi scontri, come quello splendido al Club: non siamo più neppure alla ripresa/celebrazione del cinema hongkonghese, siamo a un post-Hong Kong manieristico e delirante. Nondimeno, il film è inferiore all’episodio di mezzo della trilogia - “Matrix Reloaded” - in termini di genialità e originalità. Mancano in “Revolutions” le invenzioni spettacolari e barocche di “Reloaded”, come l’incontro col Merovingio e sua moglie Persefone, o la folle sequenza del “car chasing”. E vi manca di “Reloaded” la sensualità stupefacente e quasi tattile: lo Hell Club fetish/sadomaso del Merovingio è di sicuro un bel posto per passarci una serata, ma è ben poco a paragone, ricordate?, della danza erotico/religiosa nella città di Zion.
E’ come se i fratelli Wachowski, registi e sceneggiatori, avessero toccato nello splendido “Reloaded” un punto così acuto d’inventiva da non esser poi riusciti ad architettare qualcosa di altrettanto strabiliante. Così, per mantenere quell’ordine di grandezza ch’è connaturato alla saga, i preziosismi mancanti sono compensati da due magniloquenti sequenze di combattimento (migliore la prima): la battaglia a Zion contro le macchine e lo scontro finale fra Neo e l’agente Smith.
Il discorso narrativo, che in “Reloaded” era divagante e capriccioso, in “Revolutions” pare farsi fretta (la figura del nuovo programma vivente, l’Uomo del Treno, resta sfocata; e il Merovingio di ritorno con Persefone appare in qualche misura un omaggio a se stesso, una guest star). Si ha l’impressione che lo sguardo dei fratelli Wachowski vada troppo veloce: quasi una volontà di “stringere” per concludere la trilogia.
Il film non rimane tuttavia irrisolto, perché si concede un nuovo giro rispetto alla stupefacente giravolta narrativa che chiudeva “Reloaded” (attenzione! “Hic sunt spoilers”: chi deve ancora vedere “Revolutions” non legga oltre). Neo, di cui era ambigua la qualifica di Eletto, qui si precisa definitivamente come Redentore: propone alle Macchine uno scambio, e si sacrifica - con aperto richiamo visivo al crocifisso - per combattere l’agente Smith. Il quale ha ormai assunto connotati integralmente demoniaci: è Ahriman, che intende distruggere l’universo (dice a un certo punto: “Lo scopo della vita è di finire”). Ed è l’anti-Neo, il suo opposto negativo, ciò che ovviamente non fa che ribadire la natura messianica di Neo stesso.
La pace che conclude “Revolutions” appare una pace ambigua: anche nel presente film si richiamano i campi di esseri umani coltivati e vampirizzati dalle macchine, nutriti con le ceneri di morti. Sia dannato chi parla di pace! Non dimentichiamo però che fra il primo “Matrix” e gli altri due esiste uno scarto di anni, per cui non è del tutto giustificato vederli come un “unicum” (il modello più che 1-2-3 è 1 + 2-3). In “Revolutions” assistiamo a un’imprevista umanizzazione delle Macchine - e non solo dei programmi, pei quali s’insiste sulla capacità di sentimenti; un’interessante teorizzazione circa l’amore e il karma distingue fra il nome, umano, e la cosa in sé. L’insieme di macchine volanti che fondendosi dà voce alla Città delle Macchine forma un viso umano: un’immagine antropomorfa in stridente opposizione al primo “Matrix”, che aveva associato le macchine a forme biologiche inferiori e d’aspetto minaccioso: insetti, piovre. Addirittura, questo viso dopo il sacrificio di Neo enuncia “E’ compiuto” (“consummatum est”).
La trilogia di “Matrix” si fonda sull’enunciazione visuale sullo schermo di uno sguardo segreto al mondo “vero”: un “guardare dentro” oltre il Velo di Maya. Ora la netta antitesi realtà/illusione del primo “Matrix” - mantenuta pur con una mostruosa amplificazione nel secondo - viene rovesciata. La visione soggettiva di Neo, Messia accecato, passa dal verde dei codici di Matrix al giallo-oro fiammeggiante che indica una realtà immanente eterna del mondo. E se sia noi sia Matrix fossimo parte di una gigantesca super-Matrix?

(Il Nuovo FVG)

Nessun commento: