sabato 12 gennaio 2008

Matrix Reloaded

Larry e Andy Wachowski

Se il cuore del primo “Matrix” era l’opposizione tra la realtà virtuale e l’allucinante realtà effettiva, il magnifico “Matrix Reloaded” dei fratelli Wachowski pone come questione fondamentale tutt’altro tema. Tutto il film è attraversato, svolgimento e dialoghi, da un’opposizione: la determinazione esterna delle opzioni (variamente vista come destino, rapporto obbligato di causa/effetto, rigidità di un programma di computer) contro quello che potremmo chiamare il libero arbitrio. Opposizione che ben si addice a una saga costruita sull’ipotesi di un universo generato al computer, e che ritorna così ossessiva nel film da doversi riconoscere come un tema fondante. E poiché la questione investe il valore della profezia, con la rivelazione sul ruolo dell’Eletto i Wachowski prendono una posizione di tale radicalità da ridefinire, anzi capovolgere tutte le suggestioni para-religiose della saga.
Ciò s’inserisce in una maggiore ambiguità (adombrata in un significativo dialogo sulle macchine nella città di Zion) rispetto allo schema binario - macchine/noi - del primo “Matrix”. “Matrix Reloaded” sottopone a una barocca proliferazione il concetto dei programmi senzienti: l’universo virtuale risulta pieno di programmi “esuli” fuorilegge, che si caratterizzano come “doppio” e imitazione dei mortali. Se ne direbbero un caso limite il Merovingio e sua moglie Persefone - nel cui appartamento i Wachowski ci fanno vedere un frammento dell’horror inglese del 1960 “Le spose di Dracula”: giusta citazione! La realtà di simulacro dei programmi pseudo-umani viene opportunamente assimilata all’esistenza doppia e parziale dei vampiri. Il che naturalmente si allarga a grande metafora della vampirizzazione energetica su cui su regge l’universo di “Matrix” (e non assumerà anche un valore metafilmico, sulla scia del Coppola di “Bram Stoker’s Dracula”, richiamandosi al cinema stesso?).
Quanto all’uomo... L’uomo che si contrappone alle macchine è l’uomo-macchina. Guardiamo per esempio la sequenza stupefacente e audace del discorso di Morpheus agli abitanti di Zion, col trapasso dall’elemento para-religioso (“Zion ascoltami!”) a quello erotico, con la festa che ha visibilmente l’impronta dell’orgia (qui merita ricordare la sensualità estrema del primo film dei Wachowski, “Bound”). Un logico attacco per analogia ci porta a Neo e Trinity che fanno l’amore. Ma la nudità dei due, nel contesto dell’atto più umano - e meno assimilabile alle macchine - possibile, porta in un primo piano ideale (dall’evidenza quasi insostenibile) la costellazione di “plugs”, prese di collegamento, sui loro corpi. Sono veri uomini-macchina, creature miste, “nuova carne” nella più perfetta accezione cronenberghiana (Cronenberg anticipa “Matrix”, e non penso solo a “eXistenZ”).
Parimenti, l’uomo che si contrappone ai programmi è un programma: si muove e combatte, e parzialmente ama, in proiezione in un cyber-spazio che è praticamente l’“inner space” della fantascienza degli anni ’60 (il più importante profeta di “Matrix”, ben anteriore al “cyberpunk”, è Philip K. Dick). Nessuna meraviglia che i suoi combattimenti virtuali richiamino i videogiochi! “Matrix Reloaded” mescola e cortocircuita tutte le forme della narrazione per immagini (potremmo dire, del “cinema allargato”) contemporanee: il cinema in senso proprio, il DVD, la fiction seriale televisiva (lo mostra perfettamente l’interruzione finale seguita da un “promo”!), il fumetto, l’“anime”, e naturalmente il videogioco (già elemento di base del primo film: cfr. i “programmi di addestramento”).
E gli splendidi scontri di “Matrix Reloaded” sviluppano quella nuova dimensione spaziale del cinema che viene dalla dinamica dei combattimenti nel cinema hongkonghese: la saga di “Matrix” si pone come un perfetto punto d’intersezione cinematografica fra Ovest ed Est, sostanziando quell’esigenza della “visibilità estetica”, autonoma e assoluta, che sta alla base del cinema contemporaneo.

(Il Nuovo FVG)

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