martedì 8 gennaio 2008

Lolita

Stanley Kubrick

Il cinema di Kubrick è un proliferare di simmetrie imperfette, raddoppiamenti simmetrici ma differenti, devianti, e quindi vagamente mostruosi: è quella "geminazione imperfetta" che in un bel saggio Antonio Costa ha segnalato come una delle caratteristiche fondanti kubrickiane. Tale forma assume in Kubrick l'ossessione del doppio.
La stessa Lolita/Sue Lyon, oggetto del desiderio di Humbert Humbert/James Mason in opposizione alla madre detestata ("la femmina Haze"), nella conclusione finirà per somigliarle, reduplicarla. E H.H. non può farci niente, ancora innamorato com'è. Per tirarsene fuori, dovrebbe guardare Lolita con altri occhi che quelli della propria ossessione. Ma non può, perché sarebbe una guarigione, laddove lui vuole solo continuare a rispecchiarcisi: Humbert - Humbert (molto c'è già nel romanzo di Nabokov; Kubrick lo potenzia; del resto qui si può parlare di Nabokov come autore kubrickiano perfetto, un po' come Ballard per Cronenberg).
Anche di qui la curiosa presenza/assenza del corpo in Lolita, il suo eros astratto e intellettualizzato. A Kubrick, grande giocatore di scacchi, interessano i segni e i piani, più che i corpi; il sesso fa parte della costruzione di giochi strategici, altro concetto centrale del suo cinema (colmo di piani e di strategie, peraltro destinate al fallimento: H.H. è un altro dei grandi pianificatori sconfitti kubrickiani). Innestato da splendidi giochi di sguardi, l'eros nel film è accenno, rituale, danza di corteggiamento (nel che Lolita mostra una perfida abilità naturale, unendo le caratteristiche offensive istintive dell'adolescente e della femmina adulta); questo è un film pieno di parole all'orecchio e di segreti, come il gioco proibito del campeggio menzionato da Lolita. che assume una valenza erotico-misteriosa quasi uguale alla scatoletta di Bunuel in Bella di giorno. La fisicità sessuale non entra se non per vie allusive e deviate; leggi, perverse. Esplode, certo, nella splendida sequenza feticistica delle unghie dei piedi laccate, nei titoli di testa. Però in quanto tale essa è insieme dentro e fuori il film (il tema feticistico dei piedi viene sì ripreso lungo tutto il film ma in forma più indiretta); inoltre questo culto del piede - come tutti i feticismi - presuppone il corpo attraverso una sua parcellizzazione; inoltre la scena mantiene l'intellettualizzazione, servendo a istituire il tema iconografico della servitù amorosa.
Il doppio di H.H., inutile dirlo, è Quilty/Peter Sellers. Ecco qui due "donatori di cultura", dalla diversa fortuna; ecco due amatori di Lolita; e i due attributi sono legati, giacché entrambi cercano di introdurre Lolita a una dimensione artistica che comprende anche la loro ricompensa sessuale. L'idealista H.H. vuole introdurla a Poe (altro amatore di giovanissime), il pragmatista Quilty a una cultura americana pop, coi suoi addentellati orgiastici e pornografici (galeotta la sua commedia alla high school). E qui si palesa un altro, gigantesco raddoppiamento imperfetto: l'America come "geminazione" dell'Europa, duplicazione deviata e inquietante. Forse non è casuale, al di là della sorpresa dello stacco, che il film horror scelto da Kubrick per la scena al drive-in sia (l'inglese, della Hammer) La maschera di Frankenstein: oltre che per il richiamo circolare al tono fiabesco di Lolita (Enrico Ghezzi), oltre che per il fatto che H.H. è un dottor Frankenstein fallito, perché il décor gotico della Hammer riporta (qui, parodisticamente) a una dimensione europea (ed è Mary Shelley trascritta in termini pop). La contrapposizione Europa-America sta al centro del film e Quilty - figura grottesca e semimitica: l'ingannatore invincibile, il soprannaturale buffone erotico, il Trickster - ne è l'epitome. Al perdente H.H., divulgatore - non ricco - dei poeti europei in America (assieme a Poe, ignorato e respinto dall'America dei suoi tempi, come lo respinge Lolita che trova la sua poesia "scema") si contrappone il vincente e danaroso Quilty, commediografo di successo che ha accesso a Hollywood.
L'America ingoia e tritura Humbert Humbert (il film è anche la sarcastica cronaca del suo spaesamento). Il suo ton aristocratico da Vecchio Mondo è perdente, la sua incapacità di reagire perdura per tutto il film. In particolare H.H. è indifeso di fronte alla donna americana, di cui Kubrick fa una magnifica satira nel personaggio di Shelley Winters, la casalinga, "la femmina Haze", con H.H. perduto di fronte alla sua totale e innocente volgarità (vedi la scena della visita in camera alla sua "collezione di riproduzioni", parlandone come quadri - ovvio anche il riferimento ironico di Kubrick alle stampe cinesi, il luogo comune della seduzione). Il potere matriarcale americano perseguita H.H.; vedi nella scena del ballo i giochi (appunto...) che passano sulla sua testa (è materialmente tenuto fermo da tre mani). Davanti a Lolita, poi, vede la donna americana in fieri, ma non la riconosce. La sua fittizia vittoria, celebrata bevendo nella vasca a bagno, è solo il prodromo della peggiore delle sconfitte. Del resto già mentre H.H. leggeva sghignazzando l'ingenua lettera d'amore di Shelley Winters la mdp puntava sulla foto di Quilty - il futuro vincitore.
Nell'incontro finale di H.H. con Lolita incinta e involgarita, si celebra il trionfo in absentia di Quilty: "Io ero cotta di lui", "Credo sia stato l'unico uomo che io abbia veramente amato", "Lui non era una persona normale come me e te, era un genio". L'America ha sconfitto l'Europa: la sconfigge nei suoi spazi aperti che non sono mai liberi dall'inseguimento (dalla visibilità), nella fiducia malriposta che tutti danno al prossimo (l'episodio del finto zio), nella volgarità genetica delle sue donne, nella sua concezione dell'arte che celebra Quilty e le sue commedie contro la sfortunata coppia H.H./Poe. E l'ipotesi più vasta sarà che un filo rosso dell'intera opera di Kubrick sia la rappresentazione della morte dell'occidente in forma di morte dell'Europa, in una negatività che attraversa la sua opera, dalla Roma del lavoro "prestato" di Spartacus alla prima guerra mondiale di Orizzonti di gloria, dal Settecento di Barry Lyndon al futuro prossimo di Arancia meccanica...

(Nickelodeon)

Nessun commento: