martedì 8 gennaio 2008

Eyes Wide Shut

Stanley Kubrick

Come ha osservato Michel Ciment, autore di un libro fondamentale su Stanley Kubrick, è la prima volta in tredici film che Kubrick introduce la parola occhio in un titolo; laddove tutto il suo cinema è concentrato sull’occhio e lo sguardo. E tutto è sguardo in Eyes Wide Shut; sguardo rubato (l’orgia sontuosa) o sguardo immaginario (il tradimento fantasticato); tutto nella vita coniugale dei protagonisti è sguardo deviato e incerto. “Ma se neanche mi guardi!”, osserva in apertura Alice (Nicole Kidman) a William (Tom Cruise) che le ha fatto un distratto complimento. E l’ipotesi base di lettura è che il film - tratto da Doppio sogno di Schnitzler - sia una ri/conquista dello sguardo fra i due coniugi, prima entrambi perduti nel “doppio sogno” dei loro fantasmi.
Bisogna dire subito che Kubrick trova in Schnitzler (progettava di portarlo sullo schermo da molti anni) il testo perfetto - a un dipresso come già Nabokov per Lolita. Il titolo originale di Doppio sogno è Traumnovelle, vale a dire, racconto del sogno; Eyes Wide Shut esplora l’intersecarsi e il rispecchiarsi di sogno e realtà. Il sesso, protagonista affermato/negato del film, si esprime sul terreno del sogno. Onirico - una visualizzazione immaginaria - è il tradimento di Alice che William si proietta ossessivamente in b/n nel “cinema” della testa. Onirica - il rituale delirante, il décor surreale - è l’orgia in cui William si intrufola.
L’apertura con Alice nuda davanti allo specchio implica immediatamente il doppio. Tutto il film si pone sotto il segno della duplicazione. L’amore di Kubrick per la simmetria imperfetta - le sue coppie speculari ma diverse - si esprime nel rispecchiamento fra marito e moglie, William e Alice, in una doppia geometrica ossessione: la doppia gelosia di lui e lei si intreccia col doppio desiderio di tradimento, immaginario o frustrato. A questo proposito osserveremo che il tentativo di sesso/fuga dei protagonisti al di fuori del loro rapporto si pone sotto il segno della frustrazione e dell’impotenza. E non è casuale che lungo questo percorso Kubrick, sulla scia di Schnitzler, ponga continuamente un rapporto fra il sesso e la morte.
Lo sguardo da riconquistare fra i due (fra i riferimenti all’occhio e allo sguardo non è irrilevante il fatto che Alice spesso nel film porti gli occhiali) equivale alla sessualità. Cfr. a contrariis la scena in cui William accarezza davanti allo specchio la moglie nuda: gli occhi di lei sfuggono al partner, si fissano sullo specchio o sulla “quarta parete” rappresentata dalla macchina da presa. Invece il confronto finale (mentre altrove il film insiste sullo stato di intossicazione: l’alcool e la marijuana) è fatto di sguardi diretti.

Esaminare il film per blocchi narrativi, cercando di rintracciarvi le linee-guida, ha il vantaggio di potersi mantenere aderenti allo svolgimento lineare e paratattico che caratterizza Eyes Wide Shut (simile in questo ad altri film di Kubrick - per esempio 2001: Odissea nello spazio e Arancia meccanica). Avviso per il lettore: inevitabilmente ciò trasforma il presente intervento in uno spoiler, ossia una recensione che rivela il contenuto e lo sviluppo del film. Chi vuole mantenersi il piacere della sorpresa, eviti.
La festa a casa di Victor, nella cui luce lattea diffusa (si pensa subito a Shining) entrano Alice e William introdotti dal tipico stilema kubrickiano del carrello indietro ad accompagnare o avanti a seguire (assai usato nel film, al pari della dissolvenza in nero). Doppia tentazione di adulterio; il seduttore straniero abborda Alice filosofeggiando sul matrimonio mentre William è circuito dalle due ragazze che lo invitano ad andare “alla fine dell’arcobaleno” (lui risponde che bisognerebbe sapere che cosa c’è alla fine dell’arcobaleno. Più in là nel film non sarà tanto saggio: potrebbe esserci la morte). La festa è una doppia lezione sull’adulterio, che per entrambi non è consumato, come accadrà in tutto il film, per scelta (Alice) o per caso (William, che è medico, chiamato via per togliere Victor da una situazione imbarazzante: la bella donna nuda che era con lui, Mandy, rischia di morire di overdose).

Dopo un primo litigio al ritorno della festa, una geometrica piccola sequenza a chiasmo (William con la giovane paziente bionda a seno nudo, Alice con i bambini, William con un bambino, Alice nuda) richiama spiritosamente il tema del desiderio sessuale nella vita professionale di William, da lui negato. Vediamo poi Alice prendere la marijuana, celata nell’armadietto dei medicinali (forse questo legame fra droga voluttuaria e medicina serve anche a ricordarci l’ambiguità del ruolo di medico di William: il quale nel film - sia pure pro bono veritatis - non fa altro che servirsi della tessera di medico per scopi personali). Anche la loro fumata in biancheria intima in camera da letto diventa una discussione. William è interrogato sui suoi sentimenti verso le sue pazienti (non possiamo non pensare alla bionda di prima); la sua difesa assai retorica comprende l’assicurazione della certezza della fedeltà di Alice; al che lei esplode in una crisi di risa isteriche - da notare come Kubrick fa overact Nicole Kidman lungo il film - e gli racconta di quando ha avuto la tentazione di tradirlo con un ufficiale di marina. Su questo William rimuginerà - visualizzandolo in un cinematografico b/n - per tutto il film.

Incontro di William con la figlia dell’amico e paziente morto improvvisamente; lei gli descrive la morte del padre e d’improvviso gli si offe baciandolo istericamente. Qui non solo ritorna il tema dell’offerta sessuale rifiutata, ma viene anche riproposto quel legame di contiguità del sesso con la morte che pesa come un’ombra minacciosa sul film. Il blocco che segue è tutto all’insegna della frustrazione e dell’impotenza. William tornando a casa viene umiliato da una banda di teppisti che lo scambiano per un gay. Poi si fa abbordare da una giovane prostituta, Domino, e la segue a casa: qui il dialogo imbarazzato fra i due realizza quel grottesco kubrickiano che spunta più volte nel film (queste entrate di inaspettata e stridula comicità avvicinano Eyes Wide Shut in particolare ad Arancia meccanica). Si parla di sesso ma non se ne fa; William dopo una chiamata della moglie al cellulare va via. Però non torna a casa; in un bar - di nuovo l’illuminazione è puro Shining - ha un colloquio con l’amico musicista dalla lingua troppo lunga che, anche qui seguendo Schnitzler, ha il cognome ironico di Nichtingale (usignolo). Così viene a sapere della misteriosa villa, connessa a piaceri sessuali, dove l’altro suona bendato; la parola d’ordine è “Fidelio” (un altro degli inner jokes kubrickiani: Fidelio è l’opera di Beethoven simbolo, fin dal nome, della fedeltà coniugale). Per procurarsi maschera e mantello si reca al negozio di costumi, ed è da notare che questo si chiama Rainbow, arcobaleno: richiamo diretto alla promessa sessuale (le due ragazze alla festa di Victor). Qui lo spazio non consente di soffermarci sulla scena, che viene da Schnitzler ed è all’insegna del grottesco kubrickiano più spinto, della folle vita erotica del negozio, comprendente l’offerta puttanesca della giovanissima figlia del padrone.

Viaggio in taxi nel bosco buio. La villa ove uomini e donne mascherati (ai mantelli neri i nudi femminili si accompagnano con minacciosa eleganza) compiono una strana cerimonia erotica, rituale e teatrale (pur senza richiami diretti a Barry Lyndon, il décor e i costumi sono settecenteschi. Il Settecento è un’altra delle passioni di Kubrick). William si apparta con una donna mascherata che lo mette in guardia; anche qui, come alla festa di Victor, si ripete il caso dell’uomo che viene a interrompere, un altro esempio della continua frustrazione presente nel film (William poi non lo sa ma la donna è Mandy). Dopo un’esplorazione della villa (il ballo sulle note di Strangers in the Night è anche un’allusione ironica alla situazione) l’intruso, scoperto, viene sottoposto a una sorta di processo, la cui ritualità teatrale è sottolineata dall’elemento, quasi da opera lirica, del contrappunto del mormorio del cerchio di spettatori mascherati. Si salva da una misteriosa punizione perché la donna mascherata promette di pagare lo scotto per lui.

Stacco - evidente, dopo questa scena bizzarra - sul ritorno a casa, ancora una volta frustrato (potremmo pure osservare che William sul terreno sessuale trasferisce l’agire sul piano del vedere). Racconto dell’incubo di Alice (“so weird!”), anch’esso un tradimento sessuale di tipo orgiastico: di nuovo il parallelismo fra i due. Quello di Alice era un sogno, ma giova ripetere che sull’ambiguità dei rapporti fra realtà e sogno gira il film. Anche in rapporto ai sentimenti: non si dimentichi che nelle scene di gelosia Alice colpevolizzava non solo l’atto ma il semplice desiderio.

Cercando Nichtingale William scopre che è stato portato via da due tipi loschi. Da notare qui la figura, ancora comico/grottesca, dell’impiegato gay visibilmente attratto da William (è la seconda volta che William è connesso a sorpresa all’omosessualità). Comincia a emergere la minaccia dei potenti della villa delle orge, col che il film pone un altro collegamento del sesso con la morte. William viene minacciato. Seconda visita a casa della prostituta Domino: trova l’amica di lei e scopre - di nuovo il legame tra sesso e morte - che Domino era sieropositiva. Va via sconvolto (per inciso, è un altro atto mancato: con l’amica, prima della notizia, era stato molto più audace che coll’altra ragazza). Pedinato, si rifugia in un bar dove la musica diffusa è il Don Giovanni (richiamo a Settecento e maschere). Scopre che Mandy è stata trovata morta per overdose e all’obitorio riconosce in lei la donna mascherata della festa. Dialogo con Victor, il quale era fra gli uomini in maschera, ed elenca gli errori per i quali William si era fatto riconoscere come intruso (legati alla differenza di classe: il taxi invece della limousine, il costume a nolo). Però Victor (“il vincitore”: mai trascurare l’ironia onomastica di Kubrick!) gli dà di tutta la faccenda una spiegazione rassicurante. Questa suona assai falsa ma a William, il perdente, conviene accettarla (nota che il debole William è l’ultima incarnazione della serie di pianificatori sconfitti kubrickiani).

Arriva a una spiegazione con Alice. In questa conclusione non c’è più il voluto overacting di Nicole Kidman. Lo sguardo è diretto, lucido. Lei dice che dovrebbero ringraziare il destino per essere usciti indenni dalle loro avventure “sia che fossero vere o solo sognate”. “L’importante è che ora siamo svegli, e speriamo di restarlo a lungo”. E poiché è la conquista di un parlarsi / un guardarsi direttamente, e poiché è la risoluzione, almeno come promessa, di un’impotenza, l’ultima parola - che Kubrick innesta sul dialogo schnitzleriano precedente - è una promessa espressa con una parola altrettanto diretta dello sguardo, una parola di brutale materialità: fuck.

(Nickelodeon)

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