Fabio Carpi
Come una giostra onirica che si muove a scatti, o una manopola graduata, così è la vita di Amedeo in La prossima volta il fuoco di Fabio Carpi.
Amedeo (Jean Rochefort), professore di semantica a Parigi, ha pietrificato la dialettica del vivere in una inflessibile ruota dei rapporti, all'interno della quale combatte la sua battaglia contro l'invecchiamento e la morte. Come capita, Amedeo ha molti ruoli, figlio, marito, padre. La Madre (le maiuscole si riveleranno utili per il discorso), paralizzata, vive in campagna in Italia; la Moglie sta con Amedeo in Francia; la Figlia gira pel mondo, indipendente e un po'stronzetta come tutte le giovani ribelli di buona famiglia.
In questa ruota di funzioni parentali Amedeo, unico maschio della famiglia, si vede come il Motore Immobile; ha la fredda logicità del sole che accetta intorno a sé l'omaggio dei pianeti. "Un giorno finirò per confondermi e mi perderò in mezzo a voi tutte" (1). Il film - con uno dei frequenti passaggi onirico-simbolici carpiani - si apre sull'immagine dell'intera famiglia femminile di Amedeo tranquillamente nuda nel bosco, compresa la sorella e le parenti che appariranno solo alla fine, in atteggiamento della più consueta quotidianità. Non è la famiglia reale, fisica, quanto il Clan Femminile inconscio di Amedeo: lo mostra l'intromissione nel sogno della giovane sposa sconosciuta, da lui osservata nella scena iniziale delle festa di nozze, che appare camminando nuda sotto il velo e introduce un richiamo sessuale esplicito con l'evidenza del pube velloso. Amedeo è uno di quei soavi, pacati, sensuali egocentrici (2), nella cui raffigurazione Carpi eccelle, fissi al centro del mondo come ragni nella ragnatela (come di recente l'architetto de L'amore necessario, saggio libertino egotico, amante di film di vampiri - ed infatti è un vampiro, che succhia le emozioni altrui con perfettissimo egoismo e civile compostezza. "Vous avez souri").
Ma lo schema è fisso, atemporale, sincronico, mentre invece la vita di tutti si svolge sul piano diacronico del tempo in movimento. E'proprio il trascorrere del tempo che turba la pace agrodolce dell'impassibile Amedeo, ricordandogli quello che lui meno accetta: la vecchiaia ("sarebbe meglio nascere vecchi e col passare degli anni ringiovanire... e ritornare nel ventre di nostra madre"), sopra la quale occhieggia la nube nera della morte. Dal diario di Amedeo: "perché il tempo deve essere irreversibile? Io vorrei rifare le stesse esperienze... ringiovanire il Tempo!").
Nella villa della Madre si ritrovano Amedeo e le sue tre donne; la Figlia è tornata, con una bambina neonata, avuta con un anonimo durante le sue peregrinazioni. L'esser diventato nonno squilibra tutto lo schema della vita di Amedeo, saldandosi anche troppo bene con la percezione, che già lo guastava, dell'invecchiare della Moglie (3). Così, per salvare la quiete di Amedeo al centro del circolo in un'eterna giovinezza/eterna infanzia, la ruota deve fare un giro. La soluzione è di trasformare la Figlia in Moglie, nel contempo elevando la Moglie a Madre. E la madre autentica che già c'è? Per due Madri non c'è posto (e poi le madri devono essere passabilmente giovani). Il grado superiore della ruota, dopo la Madre, è la Morte.
Dunque la vecchia madre di Amedeo deve morire e, in una scena carica di un humour noir che sarebbe piaciuto molto ad André Bréton, Amedeo con soave naturalezza la porta sui binari del treno: salvo un pentimento dell'ultimo istante, che comunque non cambierà il destino. La madre prima cade nel mutismo: e per Amedeo l'assenza di comunicazione è il vuoto, ovvero la morte; poi muore nel suo letto - il che però avrà conseguenze impreviste.
Uno degli aspetti più notevoli e divertenti del film di Carpi è che queste scelte non ci sono presentate come una grottesca o maligna soggettività di Amedeo. La sua è la logica del tempo: con tristezza ma senza shock o ribellione, le donne della famiglia sembrano cospirare per confermarlo nel suo progetto: vi vedono quella stessa triste ineluttabilità con cui guardiamo all'invecchiare e al morire. In un film che, dedicato alla ruota dei rapporti, ha uno sviluppo ossessivamente circolare, intessuto di anticipazioni e ritorni, fin dall'apertura tutto è pre/visto e tutto è richiamato - o giustificato.
La Madre appare per la prima volta mentre risolve sulle parole crociate la parola morte; dice ad Amedeo "morire: il solo regalo che ti possa ancora fare", dopo un discorso sull'eredità della villa fra le generazioni che serve solo a replicare il principio della circolarità (4); osserva alla Moglie "tu prenderai il mio posto quando me ne sarò andata... forse però l'hai già preso"; il film, tutto fondato su un rigoroso sistema segnico, insiste sull'identificazione fra Madre e Moglie attraverso gli abiti che la prima presta alla seconda. Infine, come Amedeo aveva mostrato di desiderare, la Madre muore.
La Figlia fin dal primo incontro sembra non voler altro che "fissare" il padre Amedeo nella veste di padre/della neonata e proprio compagno: onde questo strambo incesto semibiblico (5) ha luogo con la più grande naturalezza (grande battuta umoristica di Amedeo sensualmente sdraiato sopra la figlia: "com'è dolce essere amato in famiglia"). E la Moglie accetta il patto, in una progressione ch'è fra le cose più raffinate e sottilmente ironiche del film di Carpi. In una scena deliziosa per il suo gioco linguistico la vediamo preparare un'insalata ai due complici ritornati dal vagabondaggio amoroso, e loro scatenarsi a tavola in giochi infantili - regressione fraterna - finché al rumore dei passi che si avvicinano la Figlia sibila "...la mamma!" ed entrambi si ricompongono seri come bambini. Il coté adulto e sessuale di questo processo si ha nella scena del disco, basata sullo stesso meccanismo ironico di pseudo-inganno dello spettatore di quella, che precede, del tandem (6). La Moglie si offre di sollevare la Figlia dalla responsabilità di occuparsi della neonata: la libera in tal modo da ogni incrostazione di Madre, affinché possa essere esclusivamente nuova Moglie di Amedeo.
La disponibilità delle donne del film ad accettare la parte che Amedeo loro attribuisce implica un'onnipotenza di Amedeo, che ha una doppia radice nel film. In primo luogo dobbiamo vedervi ovviamente il senso di onnipotenza infantile. Unico maschio della famiglia, Amedeo è il bambino circondato dalle donne che hanno/hanno avuto/avranno cura di lui. Il sogno dell'eterna infanzia si fonde bene nel film col tema apparentemente contradditorio dell'incesto. Pari importanza ha il Potere sulla parola. Tutto il film è attraversato da un discorso sulle parole, i loro scarti di significato, il senso nascosto nella loro apparente casualità (il primo bacio sulla bocca fra Amedeo e la Figlia conclude una scena in cui i due giocano a Scarabeo scorrendo, guarda caso, da libido a loculo). Il linguaggio è onnipotente: Amedeo spiega volentieri che sono le parole a creare le cose ("hai mai pensato che se tu non le nomini, da quel momento le cose non esistono più?").
Amedeo è professore di semantica: la scienza dei significati, precisa piccato alla Madre, che la confonde con la linguistica. In effetti ad Amedeo non interessano i significanti, ma i significati: possono variare i corpi fisici delle persone purché rivestano i ruoli prefissati. Nel film, Amedeo è il personaggio che possiede la Parola (orale e scritta: il diario), in contrapposizione a figure femminili subordinate e afasiche (la Madre e poi la Moglie, in un nuovo tratto d'identificazione, a un certo punto cessano di parlare; ma il film fa notare anche l'ignoranza della Figlia sul piano lessicale). Amedeo è descrittore e dunque ordinatore delle cose. Tanto più in un film così marcatamente soggettivo. In verità La prossima volta il fuoco non è lontano dall'essere un sogno di Amedeo, a metà strada fra incubo e wet dream. E rientra nel suo alone di soggettività il fatto che tanta parte sia lasciata alla forza evocativa degli oggetti, con la loro carica semantica, e della natura, che non ha nomi; sugli oggetti della casa e sulla natura la mdp di Carpi trascorre lenta, a congiungere i personaggi tra loro.
Imprevedibilmente, la scomparsa della Madre, come un risveglio, fa saltare nuovamente lo schema. Voce off di Amedeo: "un evento doloroso come la morte della madre ha riportato l'ordine dove prima c'era solo smarrimento e confusione". Questa morte conferma definitivamente Amedeo nel suo ruolo/segno di Figlio adulto, e dunque ri/conferma la moglie nel ruolo di Moglie. La Figlia praticamente sparisce dal film - mentre rimane in vista la nipotina. Amedeo si sente "definitivamente adulto, per non dire vecchio" (scoperta dei capelli bianchi, laddove durante l'esaltazione giovanil-erotica con la Figlia meditava di tagliarsi i baffi); si sente così "scivolare" verso la moglie ("la mia indulgente compagna")... ma dice anche "scivolare verso il vuoto", che è come sappiamo il luogo della non-comunicazione e del non-significato, il luogo della morte.
Alla conclusione troviamo Amedeo semiassopito su una sedia a sdraio - simile a un grosso mansueto gatto castrato - fra le donne della famiglia, una riunione femminile che aveva già visto in sogno. "Ma non avete freddo a stare così tutte nude?". Lo guardano stupite. Carrello indietro nel silenzio e classica dolly della Fine.
La prossima volta il fuoco circola in Italia in una versione doppiata (peraltro dignitosa) ma è stato girato in francese; non solo perché di una coproduzione italo-francese si tratta; doveva essere girato in francese. Perché solo così si rendeva evidente che quelli che in italiano sono solo scambi concettuali, in francese sono scambi o ambiguità linguistiche. Quello fondamentale è la mère - la mort, ove il cambiamento di fonema è un tratto distintivo (poi anche l'amour c'entra qualcosa) (7). Carpi ha fatto un film perfettamente strutturalista.
Se la fille passa a épouse, l'épouse deve passare a mère (come la chiamano sia Amedeo che la figlia). La dichiarazione dell'incesto si ha quando Amedeo bacia sulla bocca la figlia (baiser popolarmente significa anche compiere l'atto sessuale) sotto gli occhi dell'épouse (8). Quest'ultima vuole occuparsi, coi compiti tipici di una mère, della neonata di cui è nonna, grand-mère. Il film gioca gustosamente sul significato parentale e letterale di grand-père, grand-mère, fille, petite-fille (nipote: rafforzato dalla lezione che Amedeo fa alla figlia sull'aggettivo petite come attenuazione e marca di riconoscimento familiare nel petite putain indirizzatole dalla nonna). Nota che fille significa anche ragazza in genere: il che palesa maggiormente come anticipazione del rapporto con la figlia la scena, che vediamo all'inizio del film, di desiderio sessuale per la fille del ristorante (la moglie: "ti piace?" - Amedeo, che osservava la cameriera, fingendo di equivocare sulla torta che ha nel piatto: "non l'ho ancora assaggiata").
Va detto che l'ambientazione italiana (Veneto-Friuli) di un film strutturalmente francese crea un alone d'imbarazzo che attraversa tutto lo svolgimento. Non il film migliore di Carpi, La prossima volta il fuoco ha un che di disordinato (poi pare vi abbiano influito anche problemi produttivi); è disordinato, e tuttavia ricco di fascino. Ma il cinema di Fabio Carpi è un cinema scompigliato, umorale, divagante, bizzarro, grumoso: che nel corso della visione può lasciare perplessi e poi abbondantemente ripaga. In questo senso il raffinato, eccentrico, sempre stupefacente Carpi è un autore maledetto, rara avis nella produzione italiana, così dannatamente pulitina (9). Ogni film di Carpi è un'avventura intellettuale e morale, che sedimenta nella memoria.
(1) I frammenti di dialogo sono tratti dall'edizione italiana doppiata. Una frettolosa annotatura durante la visione spero possa scusare eventuali imprecisioni.
(2) Amedeo mangia e beve spesso nel film, che ne sottolinea la golosità infantile. Il cinema di Carpi è sempre attento al nutrimento ma qui il cibo non ha, a differenza per esempio di Scorsese, significati antropologici; si tratta di pietanze e bevande assolutamente anonime.
(3) Ma anche della Madre. Dal diario di Amedeo: "da molto tempo ormai mia madre somigliava a mia nonna assai più che alla giovane e sorridente mamma che avevo conosciuto nella mia infanzia".
(4) Condito dalla riflessione che ora è Amedeo a portarla in carrozzella intorno alla villa mentre un tempo, quand'era bambino, lei portava lui.
(5) Tra le reminiscenze implicite delle figlie di Lot e di Abramo che sostituisce con la giovane Agar la vecchia Sara, anche nel titolo risuona l'eco di una profezia biblica.
(6) Il contesto finge di suggerire la presenza della madre ma la mdp, senza sorprenderci, si sposta a scoprire la figlia.
(7) Poiché questo ci riporta immediatamente a Saussure (Ferdinand de), ci si potrebbe chiedere se non sia un ambizioso gioco di parole a lunga gittata il delirante monologo di Amedeo sulla sua scarpa (in originale chaussure) a proposito della perdita dei significati. 99 su cento, non lo è, ma entra benissimo come opera del Caso, l'invisibile e ironico coautore di tutti i film.
(8) La Madre scandalizzata: "ma cosa fanno?" - la Moglie impassibile: "si baciano".
(9) Un altro caso di "maledetto", diversissimo ma egualmente divergente e sempre intrigante: Marco Bellocchio.
(Cinemazero)
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)

Nessun commento:
Posta un commento