martedì 8 gennaio 2008

Il ritorno di Cagliostro

Daniele Ciprì e Franco Maresco

Il cinema di Ciprì e Maresco gira su se stesso, è un buco nero che inghiotte non solo i corpi, ma lo stesso racconto: l’universo di C&M è centripeto. Nel loro mondo chiuso come quello di un cartoon, mostri umani si aggirano mimando i sentimenti in una forma basso-parodica epica e straziata. Un’alta costruzione tragicomica e barocca.
Il loro nuovo affascinante film “Il ritorno di Cagliostro” si struttura (mescolando vari livelli di fiction e semi-fiction: critici autentici come Tatti Sanguineti commentano film e registi immaginari) in forma di pseudodocumentario, “mockumentary”, come si dice; ma è sempre pronto ad abbandonarla. I fratelli La Marca, due idealisti dementi, si fanno produttori con la sfasciatissima Trinacria Cinematografica nella Sicilia del 1947, grazie ai finanziamenti procurati dal cardinale Sucato. Dopo alcuni film uno più immondo dell’altro, il cardinale li introduce al barone Cammarata, spiritista e mago, intenzionato a finanziare una pellicola su Cagliostro. Per interpretare “Il ritorno di Cagliostro” viene chiamato un divo hollywoodiano in declino, l’alcoolizzato Erroll Douglas (Robert Englund)...
“Il ritorno di Cagliostro” è costretto a staccarsi dall’universo chiuso di cui dicevamo, non sul piano etico o filosofico, ma su quello narrativo: perché Ciprì e Maresco assumono questa volta la forma comica per declinare il loro nichilismo. Questo è il film comico di C&M, che assume e riprende dalla tradizione comica popolare forme e stili (nota l’evidenza della barba finta di Pietro Giordano come cardinale Sucato). L’apatia propria dei personaggi di C&M, vere macchine della tristezza e del destino, si muta in una stupidità da Stanlio e Ollio rabbiosi, che ne è solo la versione in chiave comica. E per consentire questo spostamento sul regime comico, l’universo mostruoso dei due registi siciliani deve perdere la propria autoreferenzialità: il grottesco deve invadere il nostro mondo (ecco Fellini, richiamato - con un surplus di cattiveria - nell’immagine dei preti che ballano fra loro all’Arcivescovado).
Peraltro il comico degradarsi del racconto si modula su tutta una gamma di oscillazioni, fino alla demenza pura dei film “girati” da questa banda di folli. Ne vediamo frammenti assolutamente esilaranti, quelli del “Cagliostro” girato dal regista pazzo Pino Grisanti (ancora Pietro Giordano) come gli altri; e nel primo, “La vita di S. Rosalia”, coi suoi travestimenti e la benedizione incazzosa, ritroviamo integralmente l’universo classico di C&M. In un certo senso possiamo vedere i fratelli La Marca come, non dico autoritratto, ma “doppio” ignorante e degradato (e bizzarramente innocente) di C&M. Trovo nel press-book del film: “modestamente, i La Marca siamo noi”.
L’opera dei due registi siciliani non è però un divertimento cinefilo inteso a ricreare parodisticamente un cinema possibile. E’ una meditazione su un teschio: sulla stupidità degli uomini e delle cose, sul fallimento e la sconfitta. Certamente “Il ritorno di Cagliostro” non ha la tragicità lacerante degli altri due lungometraggi di C&M - se non in filigrana: una tragicità di cui non è difficile trovare il simbolo nel divo ormai impazzito che allunga una mano verso la macchina da presa (ombra di Bela Lugosi!) e sussurra “I am Cagliostro”.
Verso la fine di questa epopea antieroica della sconfitta entra in scena un nano, rovescia la narrazione e illustra allo spettatore la spiegazione dietrologica del cumulo di follia che abbiamo visto: un complotto internazionale di mafia diretto da Lucky Luciano (così, in un corto circuito memorabile, non voluto dagli autori, si produce una sublime parodia di “Segreti di Stato” di Benvenuti, compresente alla mostra di Venezia). A parte l’ironia del ricombinarsi delle fila, qui la mafia - quest’alterità esterna - è metafora di un’incapacità di muoversi, una sconfitta portata dentro, un siciliano “cupio dissolvi”, una stanchezza dell’anima. Come i grandi barocchi che sono, Ciprì & Maresco mettono in scena la mancanza di senso, la grande vuotezza del mondo.

(Il Nuovo FVG)

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