martedì 8 gennaio 2008

Il fiore del male

Claude Chabrol

La sequenza iniziale e quella finale de “Il fiore del male” di Claude Chabrol si rispecchiano. All’inizio la macchina da presa entra nella bella casa borghese, si sofferma davanti alle scale, le sale, esplora le camere del piano superiore, finché non trova, in una delle camere, un morto ammazzato. Alla fine la m.d.p. girando per la casa si ferma davanti alle scale; e noi sappiamo che in camera c’è un morto, perché abbiamo appena visto ammazzare Gérard (Bernard Le Coq). Fra le due sequenze il rapporto resta ambiguo perché gli informanti sono volutamente sfalsati; si può perfino pensare che la prima alluda all’assassinio del padre di zia Line sessant’anni prima. E’ indicativa una frase di zia Line (Suzanne Flon) alla nipote, cui evidentemente Chabrol tiene molto: “Il tempo non esiste, lo capirai; c’è un unico presente perpetuo”.
Per metafora: c’è sempre una scala che porta alla stanza del cadavere nelle case della buona borghesia francese che il cinema di Chabrol ama descrivere. Nella mela c’è il verme, e la regola è: far finta di niente. “E ci sarà da ridere! Mentiremo a tutti!”, dice alla nipote questa deliziosa zia Line, deus ex machina novantenne, che si sacrifica accollandosi un delitto di lei (peraltro assai giustificato) e così ha modo di espiare un parricidio (peraltro giustificato pure quello) commesso alla fine della guerra.
Basicamente Chabrol è un erede del romanzo naturalistico francese. Il suo strumento descrittivo è in fondo la famosa trilogia positivistica di Hyppolite Taine: “race, milieu, moment”: la razza (nei termini modernizzati di una classe sociale quasi extratemporale e immutabile), l’ambiente, il contesto fattuale. Specialista in interni di tranquilla corruzione borghese, per questo piace molto ai contenutisti. In realtà talvolta il suo spettatore sente di rimanere a mezza strada: l’analisi sociale si congela in una narrazione un po’ irrisolta, anche se questa viene nobilitata dall’alto livello della regia. Vedi il penultimo Chabrol, “Grazie per la cioccolata”: è un film sopravvalutato, ha una sceneggiatura deplorevole, ma si chiude con un piano sequenza assolutamente stupendo.
Per fortuna “Il fiore del male” è uno dei suoi film migliori. Sorretto da una serie di grandi interpretazioni, fra cui spicca l’eccezionale ultraottantenne Suzanne Flon, è gustoso nella descrizione acida della famiglia Charpin-Vasseur, che prospera all’ombra di vecchi scandali, dal collaborazionismo a omicidi irrisolti. Di più, come si dice nel film “gli Charpin amano i Vasseur e i Vasseur amano gli Charpin”: c’è da sei generazioni in questa famiglia un gusto dell’intreccio quasi (o senza quasi) incestuoso, una tendenza liberoscambista: tradizione di famiglia che sarà proseguita - sempre che lei sfugga la galera - dai due giovani cugini. Chabrol è nel suo elemento a descrivere questo mix di innocenza pelosa, odî nascosti, dialoghi velenosi e tocchi di ipocrisia beneducata. E ad ironizzare sugli idoli della Francia che appartengono al passato: Rousseau si chiamava la libreria che il losco Gèrard ha comprato per abbatterla, Montesquieu si chiama il sindaco uscente del paese felice di lasciare il seggio ad Anne (Natalie Baye), la figura di punta della famiglia, che infatti corre per l’elezione a sindaco quando un volantino anonimo riporta alla luce tutte le chiacchiere e il fango. Come sempre Chabrol ama osservare i giochi del caso che agisce come un precipitante sul composto sociale. Per esempio, il volantino avrà effetti opposti a quelli che il suo autore si prefiggeva.
Chabrol è, si sa, il più fedele discepolo di Hitchcock nel cinema francese, e quand’è al suo meglio sa esibire, come in questo film, una degna replica della capacità hitchcockiana di caricare d’un significato minaccioso un’inquadratura altrimenti neutra. Ma non solo questo. Anche la grande scena del cadavere trascinato sulle scale, alla fine, è un misto di buffoneria e di dramma in tutto e per tutto degno di Hitchcock; ed è una pagina alta di un film godibile “in toto” senza interruzione.

(Il Nuovo FVG)

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