Brad Bird
Una famosa frase di Brecht - che di solito viene citata dandole il senso esattamente opposto a quel che Brecht intendeva - recita: felice quel popolo che non ha bisogno di eroi. Potremmo parodiarla così: felice quel popolo che non ha bisogno di supereroi. Gli americani si convincono di essere quel popolo, nell’antefatto del geniale “Gli Incredibili - Una ‘normale’ famiglia di supereroi” di Brad Bird, cartoon in animazione computerizzata della Pixar, prodotto da John Lasseter. Perseguitati dalla mediocrità egualitaria, dalla demagogia dei politici, dalla stupidità trionfante (un aspirante suicida si butta dal grattacielo, il supereroe lo salva e quello gli fa causa per danni), i supereroi sono costretti a vivere in incognito e fingersi persone normali; non possono più usare i loro superpoteri per aiutare il prossimo se non clandestinamente. Proprio nel corso di tali attività clandestine il protagonista finisce nei guai sull’isola del super-malvagio Sindrome, e la moglie - che non ne sapeva nulla - corre alla riscossa, e i figli con lei.
L’atout de “Gli Incredibili” è in primo luogo l’eccellenza tecnica: come computer graphics è il film più avanzato finora prodotto dalla Pixar (“Toy Story” ormai ci sembra arcaico!). Ovviamente è una miniera di citazioni cinematografiche. L’avventura si sviluppa fra “True Lies” e “Spy Games”; l’isola di Sindrome tiene presente Spielberg ma fondamentalmente riprende i film di James Bond anni ‘70 come “L’uomo dalla pistola d’oro”; e comprende un dichiarato omaggio a George Lucas e “Guerre stellari”. A partire, s’intende, da un attento richiamo ironico a tutta l’iconografia supereroica cine/televisiva (in primis, “Spider-Man” e “Batman”).
Come mostra la vasta gamma dei gradi di deformazione umoristica delle figure umane, l’ispirazione grafica riporta largamente al cartone animato “moderno” degli anni ’60 (cui rendono omaggio i bei titoli di coda), e ciò in feconda contraddizione con la corposità pseudo-tridimensionale provvista dall’animazione al computer. Attenti a non farsi respingere in partenza dall’aspetto caricatural-lezioso, in stile televisivo, un po’ alla Hanna & Barbera, di questa famiglia di supereroi: tale grafica è una conscia scelta espressiva, entra nella complessa riflessione ironica che questo film estremamente stratificato porta avanti su un’invitante pluralità di livelli. La ricchezza dei livelli di lettura sotto quello infantile di base è sempre stata un obiettivo della Pixar - se ne trovano tracce perfino nel deludente “Alla ricerca di Nemo” - e “Gli Incredibili” è il film Pixar finora riuscito meglio su questo terreno.
Multi-stratificato è dunque l’aggettivo adatto per questo cartoon (beninteso, lo stesso termine cartoon è arcaico per definire la sua tecnica; qui lo manteniamo solo per intenderci). Anche a livello di consumo il film funziona egualmente bene su diverse fasce d’età: i bambini si appassioneranno all’aspetto comico e fracassone della commedia avventurosa, mentre gli adulti ne apprezzeranno lo spiritoso discorso sulla cultura di massa e la società americana (c’è anche un lepido elemento di sitcom familiare). Piccolo capolavoro di intelligenza satirica, oltre che di appropriatezza linguistica, “Gli Incredibili” è il film definitivo sulla solitudine del supereroe - quello che non sono riusciti ad essere i due “X-Men” di Bryan Singer.
Alla fine, di fronte all’attacco terroristico (il riferimento è voluto) del mega-robot alla metropoli, i supereroi di ritorno vengono acclamati di nuovo. Poiché l’America con l’11 settembre ha (come periodicamente avviene nella storia di questo Paese, con le sue ricorrenti Pearl Harbor) “perso l’innocenza”: il Male esiste - questo è un tema esplicito del film - e il popolo ha bisogno di (super)eroi. Così, spostandoci a livello di sociologia culturale, questo film va oltre la sfera satirica amabilmente “camp” per proporre un’interessante riflessione sulla nuova America guerriera.
(Il Nuovo FVG)
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