martedì 8 gennaio 2008

Come cani & gatti

Lawrence Guterman

Il divertente “Come cani & gatti” di Lawrence Guterman non è un cartone animato; lo interpretano cani/gatti/persone reali; per intenderci, siamo dalle parti di “Babe maialino coraggioso”. Nondimeno è un film di gusto assolutamente disneyano; la scena dei cuccioli nel pagliaio pare un marchio di riconoscimento citazionistico (“La carica dei 101”).
Tipicamente disneyana è la caratterizzazione dei “tipi” animali. Il segugio Butch potrebbe uscire dal primo “La carica dei 101”, la levriera seduttrice da “Lilli e il vagabondo”, eccetera. Benché non in modo così diretto, vale pure per il giovane eroe inesperto, il cucciolo beagle Lou. E’ puro Disney la figura dello scienziato pazzo ridefinito in termini amichevoli, un Jeff Goldblum così scatenato che in un paio di scene il cucciolo fra le sue braccia visibilmente ha paura di lui. Né mancano (potevano risparmiarcele) lagnosità basso-disneyane quali la storia del bambino che si sente trascurato dal padre o l’insopportabile momento commovente alla fine.
Altra linea guida, naturalmente, James Bond. Il film è una parodia bondiana, spiritosa: basta dire che il capo della congiura di gatti che mira alla conquista del mondo è un grosso persiano bianco - che abbiamo già visto sulle ginocchia di Blofeld, il capo della Spectre! Questa epopea della lotta segreta dei cani per salvare dal piano felino se stessi e gli uomini è una parata di “gadgets” alla 007 e di meraviglie ipertecnologiche celate (un luogo comune del bondismo) sotto una finta quotidianità.
Capita nella storia del cinema, e da sempre nella storia della caricatura, che una parodia si serva di animali umanizzati (qui compare perfino una ONU canina). Il film mostra la doppia articolazione del trucco per umanizzarli e farli recitare; c’è l’ovvio intervento meccanico, come la bocca che si muove quando parlano, ma ancor più divertente è la significazione che contesto e montaggio conferiscono ai movimenti naturali.
Così l’evoluzione degli effetti speciali - qui abbiamo i pupazzi animatronici di Jim Henson e la computer graphics - mette al posto del cartone animato la fotografia pseudo-oggettiva del film “vero”. Non era impossibile prima, ma più laborioso e meno efficace (anni fa le incomparabili Giornate del Cinema Muto di Pordenone ci fecero vedere un delizioso cortometraggio fine anni ’20, “North of 50-50”, una parodia dei semi-western d’ambientazione canadese, tutta interpretata da papere e simili). Nota bene: non è tanto una materializzazione del cartoon quanto una cartoonizzazione del reale: vedi quel cane all’inizio che, spiaccicandosi contro una vetrata nella lotta col gatto, mostra un muso schiacciato con lingua fuori e una lenta scivolata giù che è purissimo cartone animato, Chuck Jones. Ma possiamo allargare il discorso. Tutta la nuova frontiera del cinema, nata dal digitale, è una cartoonizzazione - ovvero una ridefinizione della realtà in termini di libertà grafica. Ejzenstejn parlava del vantaggio di Walt Disney che si fa le albe e i tramonti che vuole; ebbene, ora i due poli - grafico e fotografico - si vanno congiungendo.
Fra diversi momenti gustosi del film, come spesso accade le gag migliori sono le più nascoste: per esempio la scena di due cani-spia che per passarsi un messaggio si scambiano di nascosto due ossi uguali, come le spie umane fanno coi giornali. E tanto di cappello alla traduzione italiana. Parlando di un cane rapito (cioè “kidnapped”) dai gatti, stupenda la trovata di rendere “catnapped” con “gatturato”!
Non un capolavoro, ma un grazioso film che delizierà i cinofili (il cucciolo beagle protagonista è davvero bellissimo). Non i gattofili: il punto di vista del film è un autentico razzismo antifelino. Chi scrive (amante dei cani e dei gatti) aspetta il film di risposta. Il che ci permette una conclusione incoraggiante: l’evoluzione tecnica del cinema permette ormai di girare, al di fuori del cartoon, film che portino sugli schermi il punto di vista di qualsiasi specie.

(Il Nuovo FVG)

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