sabato 6 dicembre 2025

Zootropolis 2

Jared Bush & Byron Howard

Questa metropoli di animali umanizzati è un perfetta e spiritosa copia della civilizzazione umana, nei pregi e nei difetti; e ancora una volta, c’è qualcosa di marcio in Zootropolis, per parafrasare Amleto (The Tragedy of Hamster, Prince of Denmark di William Shakesbear, atto I). Ma se nel primo Zootropolis, il magnifico cartoon della Disney, il marcio era la cospirazione di un individuo – una pecorella assetata di potere – che voleva far rinascere la diffidenza fra ex predatori ed ex prede, l’altrettanto bello Zootropolis 2 mette sul tavolo temi più generali e universali: il razzismo, la colpevolizzazione etnica, l’esclusione a scopo di speculazione.
È, Zootropolis, un’utopia animale (Zootopia) ma non un sogno in rosa. Grande battuta metanarrativa del primo episodio: “La vita non è un cartone animato in cui canti una canzoncina e i tuoi futili sogni per magia diventano realtà!”. Il lieto fine va penosamente conquistato – in una lotta dove tutta la città (qui la stessa polizia) sembra schierata contro i protagonisti.
I registi Jared Bush e Byron Howard, con Bush come sceneggiatore, vengono dallo stesso team che ci aveva dato il primo Zootropolis (manca purtroppo John Lasseter, inghiottito dal gorgo del #MeToo) e quindi sono una garanzia di continuità. Non ritorna soltanto la “strana coppia” di sbirri Hopps e Wilde, la coniglietta idealista e la volpe scafata (è un caposaldo del cinema poliziesco quello di accoppiare in missione due agenti che più diversi non si può). Ricompaiono accanto a loro quasi tutti i personaggi del primo film, tra i quali il toporagno stile Il Padrino e la cantante sexy Gazelle (ossia Shakira); non solo perché fanno spettacolo, e sono passibili di gustosi sviluppi, come la figlia del Padrino, ma perché i bambini amano ritrovare figure familiari.
Hopps e Wilde formano una coppia eccellente di caratteri e di atteggiamenti; forse il più riuscito è il deuteragonista Wilde, che ha delle espressioni incredibilmente “umane”, ma è una gara ravvicinata. Com’è naturale, vengono introdotti nuovi personaggi oltre che nuovi ambienti. Il più importante dei personaggi nuovi, il serpente Gary De’Snake, conferma una certa difficoltà che hanno i cartoon a umanizzare i serpenti allo stesso modo degli altri animali: sembra più un animale parlante che un animale perfettamente umano come gli altri (però forse sarebbe bastato un berretto, come nel disneyano Robin Hood). Ciò non toglie che sia protagonista della scena più commovente del film, quella del ritorno a casa.
Quanto agli ambienti, i film di Zootropolis giocano molto sulla varietà degli habitat, come si conviene a una città degli animali, e ciò consente tanto una varietà di “basi” dove inserire l’azione avventurosa quanto una ricchezza di sfondi che offre grandi possibilità di umorismo. Nel secondo episodio compare un inedito universo acquatico tratteggiato in notazioni deliziose.
Zootropolis 2, al pari del suo predecessore, si muove su una doppia linea comica. Una per i bambini, che si divertono al ritmo veloce, alle gag e ai battibecchi dei due agenti, e una per gli adulti, che colgono con gusto gli intelligenti riferimenti, le citazioni cinematografiche (la più bella è la comparsa del labirinto di Shining) e i giochi di parole. Solo a Zootropolis si può ordinare al bar una Piña Koala, solo a Zootropolis gli amuse-bouche (stuzzichini) si scrivono amoose-bouche. La ricchezza di invenzioni del film, il suo spirito satirico, il suo abile gioco di allusioni che si ricollegano alla realtà (la manifattura dei toporagni che producono in serie false borse Gucci come fa la mafia cinese a New York!) ci fanno già desiderare il terzo episodio. 

1 commento:

Anonimo ha detto...

Bella recensione davvero, coglie tutte le sfumature e l'incredibile invenzione del film.