mercoledì 3 dicembre 2025

I colori del tempo

Cédric Klapisch

Ado Kyrou – chi era costui? Il grande teorizzatore del surrealismo nel cinema – ne vedeva la traccia anche nella capacità del cinema di trasportarci istantaneamente non solo da uno spazio all’altro ma anche da un’epoca all’altra. Come che sia, i film che (senza marchingegni narrativi tipo macchina del tempo) ci fanno rimbalzare fra due epoche hanno sempre un particolare fascino. Le più potenti macchine del tempo sono la memoria e l’immaginazione.
Film non eccelso ma piacevole, I colori del tempo di Cédric Klapisch ci offre appunto un tale viaggio. Quattro persone, delegate dalle rispettive famiglie, devono visitare la casa in campagna di una comune progenitrice Adèle, chiusa fin dal 1944; bisogna decidere se farla demolire e vendere il terreno per la costruzione di un ipermercato. La casa si rivela piena di oggetti e ricordi: onde il film propone agli spettatori un viaggio indietro nel tempo all’epoca della Belle Époque, quando la giovane Adèle lascia la Normandia e va a Parigi a cercare la madre Odette, che l’ha abbandonata in fasce, e le fa arrivare una somma mensile tramite un avvocato. Ovviamente scoprirà che fa la prostituta in un bordello, ma questo non è che l’inizio della sua avventura parigina. Per inciso, Suzanne Lindon e Sara Giraudeau (rispettivamente Adèle e Odette) sono le due attrici migliori in una galleria di interpretazioni, come dire, non tutte ammirevoli.
Seguendo ora Adèle ora i quattro nuovi amici dell’oggi, il film salta avanti e indietro fra il nostro tempo pieno di incertezze e quello passato, più povero ma più speranzoso. Non per nulla, quando Adèle arriva a Parigi in battello sulla Senna, le appare solennemente la Tour Eiffel appena inaugurata, che saluta orgogliosamente il futuro. I passaggi temporali "in diretta" sono graziosi e la ricostruzione d’epoca abbastanza viva.
Non stupisce che la fotografia di Alexis Kavyrchine si richiami esplicitamente all’impressionismo. Infatti Adèle a Parigi si ritrova precipitata nel mondo degli impressionisti. In particolare – nella ricerca di suo padre – facciamo la conoscenza filmica, oltre che del grande fotografo Nadar, di Claude Monet (con tanto di realizzazione del suo seminale Impression, soleil levant).
Se escludiamo l’infelice episodio dell’ayahuasca, che sembra Midnight in Paris di Woody Allen, il rapporto fra i due tempi e i rispettivi personaggi è gestito con delicatezza. Forse c’è un piccolo eccesso di Kitsch "ricostruttivo" nel finale con Adèle insieme a Monet nel suo famoso giardino…… ma in fondo, non è proprio questo che che siamo venuti a vedere?

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