Cédric Klapisch
Ado
Kyrou – chi era costui? Il grande teorizzatore del surrealismo nel
cinema – ne vedeva la traccia anche nella capacità del cinema di
trasportarci istantaneamente non solo da uno spazio all’altro ma
anche da un’epoca all’altra. Come che sia,
i film che (senza marchingegni narrativi tipo macchina del tempo) ci
fanno rimbalzare fra due epoche hanno sempre un particolare fascino.
Le più potenti macchine del tempo sono la memoria e l’immaginazione.
Film
non eccelso ma piacevole, I colori del tempo di
Cédric Klapisch ci offre
appunto un
tale viaggio. Quattro
persone, delegate
dalle rispettive famiglie, devono
visitare la casa in campagna
di una comune
progenitrice Adèle, chiusa
fin dal 1944; bisogna
decidere se farla
demolire e vendere il terreno per
la costruzione di un ipermercato.
La casa si rivela piena di oggetti e ricordi: onde
il film propone agli spettatori un viaggio indietro nel tempo
all’epoca della Belle Époque,
quando la
giovane Adèle lascia la Normandia e va a Parigi a cercare la madre
Odette, che l’ha abbandonata in fasce, e
le fa arrivare una somma
mensile tramite un avvocato. Ovviamente
scoprirà che fa la prostituta in un bordello, ma questo non
è che
l’inizio della sua avventura parigina. Per
inciso, Suzanne Lindon e Sara
Giraudeau (rispettivamente
Adèle e Odette) sono le due attrici migliori in una galleria di
interpretazioni, come dire,
non tutte ammirevoli.
Seguendo
ora Adèle ora i quattro nuovi amici dell’oggi, il film salta
avanti e indietro fra il nostro tempo pieno di incertezze e quello
passato, più povero ma più speranzoso. Non per nulla, quando Adèle
arriva a Parigi in battello sulla Senna, le appare solennemente la
Tour Eiffel appena inaugurata, che saluta orgogliosamente il futuro.
I passaggi temporali "in diretta" sono graziosi e la ricostruzione
d’epoca abbastanza viva.
Non
stupisce che la fotografia di Alexis Kavyrchine si richiami
esplicitamente all’impressionismo. Infatti Adèle a Parigi si
ritrova precipitata nel mondo degli impressionisti. In particolare –
nella ricerca di suo padre – facciamo la conoscenza filmica, oltre
che del grande fotografo Nadar, di Claude Monet (con tanto di
realizzazione del suo seminale Impression, soleil levant).
Se
escludiamo l’infelice episodio dell’ayahuasca, che sembra
Midnight in Paris di Woody Allen, il rapporto fra i due tempi e i
rispettivi personaggi è gestito con delicatezza. Forse c’è un
piccolo eccesso di Kitsch "ricostruttivo" nel finale con Adèle
insieme a Monet nel suo famoso giardino…… ma in fondo, non è
proprio questo che che siamo venuti a vedere?

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