venerdì 26 dicembre 2025

Norimberga

James Vanderbilt

Nel mediocre Norimberga di James Vanderbilt c’è un solo buon motivo per andare a vederlo: l’ottima interpretazione di Russell Crowe nei panni di Hermann Goering, geniale manipolatore che, nel film, manca poco che non metta nel sacco sul piano dialettico il tribunale alleato.
Potete dargli come spettatori un piccolo Oscar privato. Se invece vi viene l’uzzolo di dare un anti-Oscar, avete a disposizione la cagneria autocompiaciuta di Rami Malek, totalmente fuori parte in un ruolo che avrebbe avuto bisogno di trasmettere un mix di onestà, presunzione e interna vulnerabilità – un ruolo che negli anni Ottanta sarebbe stato perfetto per William Hurt.
Come struttura, il film ha in funzione di perno il lungo excerptum in cui vengono proiettati i filmati (autentici) dei campi di sterminio nazisti. In un’opera più salda dal punto di vista drammatico, sarebbe stato il momento in cui l’irruzione dell’orrore pone in maniera tragica il problema del Male. E alla questione della malvagità umana si affianca quella della giustizia. Personalmente sono d’accordo con Winston Churchill, il quale nella realtà storica opinava che sarebbe stato meglio fucilare sui due piedi un migliaio di dirigenti nazisti invece che mettere su processi. A proposito dei nobili principi proclamati, basta dire che c’erano i russi di Stalin (cosa su cui Norimberga è ovviamente pudico). Comunque i problemi sfiorati affogano in uno svolgimento piuttosto televisivo, dove spesso sono migliori i caratteristi (i gerarchi nazisti processati) che gli attori di primo piano. Insomma la
cosa migliore è di rivedersi il bellissimo Vincitori e vinti (Judgement at Nuremberg) di Stanley Kramer del 1961 – testimonianza di altri tempi del cinema.

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