sabato 20 dicembre 2025

Avatar - Fuoco e cenere

James Cameron

Il direttore Caracciolo e il professor Orsini direbbero che questa guerra è colpa dei Na’vi, perché si ostinano a combattere quando è chiaro, di fronte alla superiore potenza terrestre, che l’hanno già persa.
Come che sia, la bellezza visuale di Avatar – Fuoco e cenere, terzo episodio della saga di James Cameron, è indiscutibile. In pratica, i voli di fantasia degli illustratori di fantascienza degli anni Sessanta e Settanta vengono resi vivi sul grande schermo. Perché è lì la genesi: pensiamo per esempio a Chris Achilleos, John Becker, Chris Foss, naturalmente a Frazetta, e così via. Dunque, l’elemento grafico e strettamente visuale: piaccia o non piaccia, la sua predominanza in Avatar è assoluta. L’aspetto narrativo – diviso fra l’azione immediata e il substrato “antropologico” sulla cultura e sulle credenze religiose dei Na’vi (gli alieni di pelle blu, in lotta contro i conquistatori terrestri, ai quali si è unito l’ex marine ribelle Jake Sully) – è fagocitato da quello visivo. Con una formula un po’ tranchant ma non errata, potremmo dire che, mentre di solito l’immagine serve alla storia, qui la storia serve all’immagine.
Resta impressa nella memoria la grande costruzione inventiva di questo pianeta pieno di meraviglie, che ogni episodio arricchisce di particolari nuovi in un concetto di accumulazione/esplorazione; nel presente film entra in scena il feroce Popolo della Cenere, pirati dell’aria capitanati dalla terribile Varang, che sul piano dei characters è forse la figura più interessante del film. Posto il pesante influsso del western sulla serie, questi sono i classici “indiani cattivi”, e il villain numero uno, che li rifornisce di armi per la sua vendetta, appartiene alla categoria dei comancheros.
La prima ora, anche se non annoia, è alquanto stancante, perché è tutta azione che riduce al minimo le mediazioni narrative. In seguito emerge una struttura narrativa, semplice ma più delineata, e ci si diverte di più. C’è una lezione in questo: potenza dell’elemento romanzesco! Il film migliora strutturandosi attorno ad alcuni nuclei avventurosi ben definiti (il figlio conteso, l’evasione, la battaglia, il “miracolo”). La battaglia finale è decisamente emozionante. Di fronte ai cattivissimi terrestri, il cuore sta con i nobili selvaggi, giustamente tutt’altro che pacifisti: Andate dagli uomini del cielo… uccideteli tutti!”
Anche se il terzo Avatar dura circa tre ore e venti, si ha lo stesso l’impressione di un certo impaccio in sede di montaggio, un arrabattarsi per sistemare l’enorme materiale girato (lo segnala anche il regime incerto della voce narrante). Ma importa relativamente, in un film dove fondamentalmente si guarda l’esteso dipinto.

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