Richard Galbraith
Cosa
ci fa un cadavere nudo orribilmente mutilato nel caveau di un negozio
di oggetti massonici in argento? Com’era prevedibile, è bellissimo
(e intricatissimo) il nuovo giallo di J.K. Rowling sotto il consueto
pseudonimo di Robert Galbraith: “L’uomo marchiato”, Salani,
1187 pagine, E. 26.90, nuovo
episodio della serie degli
investigatori in società Cormoran Strike e Robin Ellacott.
Nella
spiegazione del delitto – non temete, niente spoiler! – mi sembra
sia riconoscibile (ed è una
novità nella serie)
l’influsso
di John Dickson Carr.
Trattandosi di un giallo, sarà
anche troppo dire che il
problema base sta
al centro di una ragnatela
di altri problemi, dove
spunta perfino l’ombra
della massoneria. Non per
nulla fra le citazioni messe
in esergo ai capitoli
troviamo anche Albert Pike, teorico
del “rito scozzese antico e
accettato”.
Hitchcock,
si sa, filmava gli omicidi come se fossero scene d’amore e le scene
d’amore come se fossero omicidi. Ce
lo fa tornare in mente questa
serie, in cui Cormoran e Robin risolvono
tutta una serie di misteri ma il mistero maggiore, o meglio la
suspense primaria, è quella dei sentimenti. Ecco due persone che
dapprima sono reciprocamente
attratte, poi via via
apertamente innamorate, pur
con delle storie (disastrose) nel frattempo: riusciranno mai a
dirselo?
Il
confine del nostro mondo è la pelle – poi comincia un misterioso
mondo esterno. Così un
innamorato non dichiarato
soffre le pene dell’inferno nell’interpretare, cercare di capire,
temere di illudersi, e spesso grossolanamente sbagliare, davanti
al comportamento della
persona amata. “L’uomo
marchiato” ci
porta dentro non una ma due
situazioni simili. Senza essere Proust, J.K.
Rowling ha fra le sue molte
abilità narrative quella di rendere perfettamente il gioco della
soggettività e dell’equivoco. “L’uomo
marchiato” ci porta dentro
la mente di due persone che
brancolano come ciechi cercando di interpretarsi e
noi “che sappiamo”
assistiamo con una sorta di
senso d’impotenza a questa
cecità.

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