domenica 16 febbraio 2025

September 5 - La diretta che cambiò la storia

Tim Fehlbaum

September 5 – La diretta che cambiò la storia (sottinteso: della tv) non è direttamente un film sull’attentato dei terroristi palestinesi che alle Olimpiadi di Monaco del 1972 sequestrarono e assassinarono i membri della squadra olimpica israeliana, bensì sul suo coverage da parte della troupe locale della tv americana ABC: una redazione sportiva che si trovò a gestire il primo caso di terrorismo trasmesso in diretta (900 milioni di spettatori!). La tragedia attraverso gli occhi dei cronisti.
Nel cinema di una volta, se l’argomento era un gruppo di giornalisti che devono seguire la cronaca di un disastro, il film si prendeva dieci minuti di preparazione per fissare le psicologie nella mente degli spettatori e familiarizzarli coi personaggi. Questo, September 5 non lo fa. Nella coproduzione tedesco-americana diretta dallo svizzero Tim Fehlbaum (che pure ha ottenuto una nomination all’Oscar per la miglior sceneggiatura), come personaggi tridimensionali emergono solo l’interprete tedesca Marianne Gebhardt e lo head of control room (siamo dovuti andare a cercarcelo su Wikipedia) Geoff Mason, anche grazie alla bravura dei due attori, Leonie Benesch e John Magaro.
Tuttavia, per una sorta di eterogenesi dei fini, questo difetto del film risulta nel complesso funzionale al film stesso, che intende mettere in primo piano un lavoro, un’attività: la macchina di (ri)produzione della notizia. E questo con la “pesantezza manuale” di cinquant’anni fa: le didascalie preparate a mano, le corse da una stanza all’altra per comunicare, una pesante telecamera dello studio che l’emergenza fa trascinare fuori all’aperto, col suo bravo cavo alimentatore.
September 5 contiene dunque una doppia suspense: quella dell’attentato (l’oggetto) e quella della diretta tv che lo racconta (il soggetto). Tutta la parte “procedurale” sulla ripresa tv è il vero cuore del film. Non manca (in corrispondenza oggettiva con l’inettitudine bumbling dei tedeschi) il paradosso per cui, mentre la diretta televisiva mostra l’immagine dei poliziotti in agguato sui tetti, quella stessa immagine appare sul televisore che i terroristi stanno vedendo dove si sono asserragliati. “È stata colpa nostra?” chiede uno del gruppo ABC quando l’operazione di polizia viene abortita. Lo sguardo del responsabile dice di sì. Qui c’era spazio per una problematica, ma il film non la tocca al di là di un paio di scene un po’ anodine.
I film oggi non sono sempre tesi ed emozionanti come vorrebbero. Qui, una regia funzionale fino alla piattezza dialoga con un ottimo montaggio nervoso e restituisce bene il senso dell’urgenza, il dolore dell’orrore in atto (molto bello il momento finale in cui si diffonde la voce falsa che gli ostaggi sono salvi), l’orgasmo di un lavoro da fare, la dimensione febbrile del tempo: che si fondono a rendere il film, pur non un capolavoro, degno di una visione.

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