domenica 27 agosto 2023

Oppenheimer

Christopher Nolan

A un certo punto di Oppenheimer, l’ammirevole film scritto e diretto da Christopher Nolan e interpretato da Cillian Murphy, il giovane fisico visita una mostra di pittura cubista. Ciò ha lo scopo di porre l'analogia fra la rivoluzione estetica novecentesca e l’analoga rivoluzione nella fisica: ossia nella concezione del mondo. Ma si potrebbe osservare che c’è di più. Proprio come il cubismo presentava il suo oggetto – che fosse Dora Maar o un semplice serbatoio d'acqua – sotto diversi punti di vista compresenti, Oppenheimer fa lo stesso col tempo narrativo. Contiene vari segmenti della vita del protagonista, o correlati, dal 1926 al 1959: il giovane Oppenheimer, il progetto Manhattan con l'esplosione della bomba atomica, le udienze del 1954 quando l’Atomic Energy Commission gli nega la clearance di sicurezza, le udienze (in b/n) sulla mancata conferma del suo nemico Lewis Strauss come Segretario al commercio nel 1959. Ora, questi segmenti sono così intrecciati, e i passaggi così liberi e sciolti, che lo spettatore ha l’impressione, non di vedere un racconto che fluisce (sia pure permettendosi di tornare indietro in flashback), bensì di vedere la coesistenza contemporanea di varie linee temporali: una sorta di cubismo narrativo. Occorre ricordare qui che la questione del tempo sta al cuore di tutto il cinema di Nolan?
Parallelamente, è sul concetto di realtà percepita che il cinema di Nolan si interroga. Qui viene in taglio la fisica quantistica, che ha messo in forse la nostra stessa concezione della materia (in una bella scena Oppenheimer lo spiega partendo da quello che consideriamo il massimo della concretezza, la sua stessa mano). Così, questo è un film quintessenzialmente nolaniano.
Col suo magnifico montaggio di frammenti minimi che inframmezzano il discorso, e che vanno dal micro dei cerchi nell'acqua sotto la pioggia al macro delle esplosioni, Oppenheimer è un ottimo esempio di film che rende il processo del pensiero con mezzi esclusivamente cinematografici. Ma non bisogna pensare che il suo valore narrativo si esaurisca nel tratto stilistico. Un’affascinante libertà fa capolino nella messa in scena rappresentando un’irruzione della soggettività: penso per esempio alla scena in cui, durante l’audizione all’A.E.C., Oppenheimer è costretto a parlare in presenza della moglie di un suo rapporto sessuale con l’amante Jean Tatlock – e, restando fissa la messa in scena dell’ufficio dell’audizione, come pure i presenti, li vediamo nudi sopra la stessa sedia su cui lui sta testimoniando. E’ una forma di formulazione simbolica-impressionistica del flashback non inedita, ma qui Nolan la porta all’estremo.
Supportato da eccellenti interpretazioni, da Cillian Murphy in giù, Oppenheimer traccia un magnifico ritratto dell’eroe eponimo. Due volte sentiamo, per bocca del protagonista, che legge il sanscrito, il versetto della Bhagavad GitaOra sono diventato morte – il distruttore di mondi”.
Già in Tenet si menzionava Oppenheimer in relazione al rischio teorico che la prima fissione nucleare diventasse inarrestabile, distruggendo il mondo: qui questa ipotesi è attribuita ai calcoli di Edward Teller e Oppeheimer dice che Teller si sbaglia – ma che le probabilità di un simile evento sono non eguali a zero ma “quasi zero”. Come gli eroi shakespeariani, coi quali ha molto in comune, nel ritratto potente e storicamente puntuale di Nolan il “padre della bomba atomica” mantiene un’“ambiguità eroica”, un’irriducibilità a una spiegazione univoca – vale a dire, a una caratterizzazione didattico-morale di quelle che vengono chieste di solito a un biopic. Ha una “zona d’ombra”, che persiste nella visione (perché questo è un film da rivedere), e che attinge direttamente alla nostra natura umana.

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