domenica 16 luglio 2023

Mission: Impossible - Dead Reckoning - Parte Uno

Christopher McQuarrie

D’accordo che Mission: Impossible – Dead Reckoning – Parte Uno è un action, per cui il racconto serve a congiungere una serie di scene “eccessive”: non sono tappe di uno svolgimento, è lo svolgimento che serve ad arrivare a queste. Comunque sono assai piacevoli, anche se un po’ ridondanti (in verità è più bello John Wick 4 di Stahelski, che iscrive questo montaggio dell’azione in una carrellata metacinematografica, rendendo omaggio a Osaka al cinema popolare giapponese e hongkonghese, a Berlino al cinema post-espressionista tedesco stile Dottor Mabuse, a Parigi al realismo fantastico alla Feuillade incrociato con il polar). Tuttavia anche l’action ha un sottotesto culturale.
Dead Reckoning mostra una concezione della contemporaneità digitale come hybris. Parte, consciamente o no, da un vecchio racconto di Fredric Brown in cui un team di scienziati costruisce il supercomputer più potente del mondo; quando lo accende e lo scienziato capo pone la domanda “Dio c’è?”, la risposta è “Adesso sì” – e un fulmine uccide lo scienziato e blocca per sempre il meccanismo di spegnimento. Nel presente film (ma sarebbe più giusto dire: nel presente mezzo film) i soliti russi hanno costruito qualcosa di simile: un'intelligenza artificiale capace di connettersi e controllare i computer di tutto il globo. Quest’intelligenza superpotente si è ribellata riprogrammandosi (“Si è riscritta”), acquisendo una propria personalità. Ora domina l’intera rete digitale. E’ delizioso vedere come i “buoni” siano costretti a ricorrere alle onde corte e alla carta stampata per comunicare. L’ingenua fede nelle “magnifiche sorti e progressive” del passato anche recente è soggetta a ripensamento a Hollywood, e l'approccio di questo film è invero interessante.
Conseguenza di quanto detto, lottare contro l’Entità è come lottare contro Dio. O se preferite, contro una sua parodia maligna e diabolica. Ora, dal punto di vista religioso (inevitabilmente) sotteso, il cinema spionistico alla 007 ha sempre avuto come riferimento implicito il manicheismo: ovvero la lotta cosmica fra due entità divine, una positiva e una negativa, di pari forza. Occidente e URSS in origine, dapprima con battaglie e scaramucce (il comunismo non è caduto perché Bond ha smascherato Le Chiffre in Casino Royale); significativamente, dopo che il bondismo cinematografico ha abbandonato la formula proto-fleminghiana dell’URSS come nemico assoluto e si è rivolto alla Spectre (interessante in questo senso la differenza tra romanzo e film in Dalla Russia con amore), la posta in gioco è diventata sempre più la salvezza del mondo intero: il che ricopre almeno tendenzialmente una dimensione teologica.
Su questo terreno Dead Reckoning si spinge molto avanti, a causa della connotazione di Dio negativo che possiede l’Entità, come viene chiamata significativamente nel film. Non a caso il dominio dell'Entità integra quello che è un attributo basilare della divinità, il possesso della verità (“Quid est veritas?” - “Est vir qui adest”: il leggendario colloquio con anagramma fra Cristo e Pilato). Nel film, sarebbe riduttivo dire che l’Entità mente: essa riscrive i dati del mondo nella nostra conoscenza. Lo vediamo nell’inizio col sottomarino russo sotto la banchisa polare, lo vediamo poi nelle sofferenze di Ethan Hunt quando corre per i vicoli di Venezia diretto dalla voce di Benji nell'auricolare, solo che la voce di Benji non è più la sua, l’Entità se ne è appropriata.
Non a caso due concetti di origine religiosa – fin dall'etimologia – come quelli opposti di sacrificio e tentazione percorrono il film. Il punto più notevole (già lo segnalava Giorgio Argenti in una bella recensione) è che il meccanismo che può disattivare l’Entità, ovvero distruggere la divinità maligna nella futura parte del film, è una croce: una chiave a forma di croce – purché sia la vera chiave (o la Vera Croce). Di tutte le missioni impossibili, questa sembra la più impossibile, ma non è la prima volta nella nostra cultura che l’uomo sfida la divinità. Dalla parte di Ethan Hunt gioca, paradossalmente, lo stesso estremismo che sta alla base del cinema action, che diventa qui inconsciamente prometeico. L’Entità sembra invincibile perché ha una capacità mostruosa di previsione probabilistica. Tuttavia (ombra di Friedrich Nietzsche!) proprio quella dismisura per cui Hunt si mette in gioco contro ogni razionalità (il volo dalla montagna per esempio) fa sì che, come sentiamo nel dialogo, questa divinità abbia paura. Morale: l’unica mission
capace di sconfiggere Dio è quella impossible.

Nessun commento: