sabato 25 giugno 2022

Sanremo

Miroslav Mandić

C’è una metafora alla base del commovente film sloveno sull'Alzheimer Sanremo di Miroslav Mandić, coproduzione del 2020 con l’Italia: ed è l’acqua, paragonata alla vita della mente. Il film mette a contrasto il fiume, la cascata, il mare, acqua viva in movimento, con l’acqua ghiacciata e immobile, come pietrificata, nella cascata gelata del finale. E forse nuoce al film (scritto dal regista) una certa tendenza “gnomica” nei dialoghi, ridondante rispetto a questa metafora che poteva tranquillamente essere affidata alle sole immagini.
In generale Mandić fa largo uso della metafora: la ritroviamo nella nebbia che invade lo schermo nella parte iniziale, con il protagonista Bruno che si aggira senza meta per tornare a casa, ma anche negli alberi abbattuti alla fine, con il dettaglio di uno scoiattolo smarrito. In modo minimale, senza spettacolarizzazione alla The Father, il film ci porta nella vita e nella mente confusa di Bruno, al quale l’Alzheimer ha rubato il flusso del ricordo e degli affetti. Ospite di una casa di riposo per anziani, rustica e accogliente, fra i boschi, Bruno non riconosce la figlia quando viene a trovarlo; vive in un mondo di vecchi ricordi pietrificati; crede che la moglie e il suo cane, morti da tempo, siano ancora vivi e lo aspettino a casa. Bruno mostra nel suo modo chiuso una tenerezza verso un’altra ospite, l’ex cantante Duša: un amore inespresso che si perde ogni giorno; la malattia può solo trasformare i sentimenti in accenni embrionali. Dice Duša: “Ogni giorno è un nuovo giorno. Ci alziamo la mattina e ricominciamo da capo”. Se per noi la vita è un flusso continuo, o appunto un fiume, è centrale in queste esistenze il concetto di blocco.
Sanremo è proprio nel senso del festival, presente nei ricordi di Bruno degli anni sessanta (“Noi aspettavamo ogni anno il festival di Sanremo. Quella era musica!”) – e “Non ho l’età” di Gigliola Cinquetti, la canzone amata da Duša, è un elemento ricorrente nel film.
Bellissima la fotografia di Peter Zeitlinger (di cui abbiamo ammirato di recente L’angelo dei muri), un maestro degli specchi, dei riflessi, dei piani di visione, dello scambio tra soggettiva e oggettiva, del dialogo tra primo piano e fondo. E’ magnifico l'uso delle finestre, che mette in comunicazione visiva due spazi – irrevocabilmente separati – vuoi attraverso la profondità di campo, con eleganti sfumature della messa a fuoco, vuoi attraverso l’uso del riflesso. Naturalmente Sanremo è in primo luogo un film di attori, sorretto da due eccellenti interpretazioni di Sandi Pavlin (Bruno) e Silva Čušin (Duša). Senza togliere nulla all’ottimo Pavlin, si rimane particolarmente colpiti dalla recitazione della seconda, di un’intensità fulminante, una fisionomia
capace di trasmettere un universo di significato in una sola semplice espressione.

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