Sunny Lau
Sugar
St. Studio di Sunny Lau è la quintessenza del cinema popolare di
Hong Kong, ancor più dei notevoli Hand-Rolled Cigarette o
Time, presenti in questa edizione. Basta vedere la tempesta di
dialogo velocissimo in cantonese fra Matt Chow ed Eric Kot che apre
il film. A questo punto, cosa importa un minimo di lentezza a
mettersi in moto dopo quest'apertura? O il fatto che i quattro
giovani protagonisti non siano all'altezza dei vecchi attori (compare
in un cameo anche Susan Shaw nei panni di una sciamana)?
Un
produttore cinematografico imbroglione (Matt Chow) convince alcuni
giovani autori di effetti speciali horror a metter su per lui una
“casa stregata” da visitare a pagamento, promettendo che poi la
useranno per un film (non manca il discorso sul fatto che a Hong Kong
non si girano più horror a causa delle co-produzioni con la Cina
continentale, dove l'argomento è proibito). E la mettono in un
vecchio studio cinematografico con fama di essere infestato: 30 anni
prima un attore vestito da clown impazzì e scatenò un incendio
uccidendo se stesso, la protagonista e due della troupe. Si salvò il
protagonista maschile che era uscito. Naturalmente il posto è
infestato davvero, dal fantasma dell'attrice morta bruciata. Ma i
quattro scoprono, comunicando col fantasma, che la storia è tutta
diversa da come la raccontava l'attore sopravvissuto...
È
una pura commedia soprannaturale hongkonghese, che usa – vedi la
scena dell'appartamento dell'attore – anche i classici colori verdi
e rossi dell'horror hongkonghese; e che perfino raggiunge nel
pre-finale, con l'incontro dei due spettri, un tocco patetico proprio
vecchia Hong Kong. Chiaro che, se fossimo al tempo in cui Ann Hui,
Sammo Hung, Wu Ma e compagnia bella giravano commedie horror, Sugar
St. Studio apparirebbe inferiore. Ma paradossalmente questo è un
motivo in più per apprezzarlo, come grazioso omaggio a quell'epoca.
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