venerdì 7 maggio 2021

Due

Filippo Meneghetti

Nell'Ottocento era stato chiamato “quell'amore che non osa dire il proprio nome”. Oggi quell'espressione appare un residuo del passato; ma è ancora vera per le due protagoniste del film francese Due (Deux), bell'esordio nel lungometraggio dell'italiano Filippo Meneghetti, che è nuovamente uscito dopo essere stato vittima della chiusura per la pandemia.
Barbara Sukowa e Martine Chevallier senza sorpresa sono ottime nei ruoli di Nina e Madeleine (Mado), due donne anziane, dirimpettaie nel loro condominio, che sono amanti da molti anni. Nina è quella decisa, Madeleine quella prudente; Nina è libera, Mado è vedova con due figli adulti ai quali ha sempre taciuto la propria scelta omosessuale, ed è prigioniera di un'antica finzione: l'amore per il marito dispotico, ora morto. Una serie di avvenimenti – attenzione: seguono spoiler – fa saltare questa situazione: dapprima le due progettano di vendere gli appartamenti e trasferirsi in Italia, poi litigano perché Madeleine non osa dirlo ai figli, infine Mado ha un ictus (bello l'uso del fuoricampo in funzione drammatica in questa scena); resta paralizzata e poi attraversa un lento recupero, ma è incapace di comunicare. Nina si trova nella situazione sconvolgente di essere una metà della coppia che è però tagliata fuori, perché agli occhi di tutti è solo la vicina amica. Le due donne avevano usato i due appartamenti come se fossero uno solo, ma ora Nina deve sfruttare ogni opportunità, scuse e trucchi di tutti i generi, per introdursi nell'appartamento di Madeleine e stare con lei – a tutto detrimento della povera badante Muriel, interpretazione memorabile della comedienne Muriel Benazeraf (e che si possa lodare in questi termini un'attrice che compare accanto a due grandi come Barbara Sukowa e Martine Chevallier non è una realizzazione da poco).
Al centro di Due sta l'inganno. Madeleine non ha mai detto la verità ai figli, una scelta di tacere – una menzogna per omissione – che può anche apparire conveniente (ed è in linea col carattere di lei, come vediamo dalla bugia che dice a Nina), ma che diventa una trappola per entrambe quando colpisce la disgrazia. Il regista Meneghetti ha dichiarato di aver voluto girare questa storia, più che come un melodramma, come un thriller, ed è vero: in primo luogo, per la semplice constatazione che una tensione basata sulla suspense attraversa il film (lo sguardo di Nina dallo spioncino, il suo trovarsi nascosta in casa di Mado quando arrivano i figli, o la scena della telefonata segreta di Madeleine, dichiaratamente hitchcockiana); in secondo luogo, perché è un meccanismo proprio del thriller (e anche della commedia, ma qui non c'entra) il concetto che sostanzia il film, un inganno che deve moltiplicarsi in progressione geometrica per mantenersi; in terzo luogo, ci basta riferirci alla saggezza di Hitchcock: per sua natura una storia d'amore contiene in sé la stessa suspense che una storia di delitto.
Inevitabile la scoperta, con indignazione dei figli. Vien da pensare che in qualche modo sia l'età lo “scandalo” di Madeleine ai loro occhi, tanto per la perdita di una concezione asessuata quanto per l'obbligo di una ridefinizione che rovescia decenni di “conoscenza pigra” (“Vi ha mentito per 20 anni. Ama me”, grida Nina). Il film affronta con sicurezza il tema dell'amore tra vecchi – ed anche la sensualità del corpo vecchio, quale si vede, con pudore, nella prima scena. Vi sono un paio di asperità di sceneggiatura – la più evidente: la mancanza di qualsiasi segnale concordato per comunicare quando Madeleine ricomincia a muovere una mano e in seguito. Ma Meneghetti narra questa storia d'amore, inganno e disperazione con convinzione. C'è un elemento fra onirico e metafisico nel viale di platani popolato di cornacchie, un luogo nella memoria, dove anche si rifugia Madeleine durante una “fuga” quando ricomincia a muoversi. Da notare il bel montaggio secco di Ronan Tronchot. Si fanno ricordare l'ottimo gioco di inquadrature quando inaspettatamente Madeleine si alza in piedi, o lo “scivolare” della mdp lungo il pavimento della stanza devastata prima di un finale, questo sì, apertamente mélo.


Nessun commento: