Kurosawa Kiyoshi
Nel bellissimo Wife of a Spy di Kurosawa Kiyoshi, presentato alla Mostra di Venezia, siamo nel Giappone militarista alla vigilia della seconda guerra mondiale. Yusaku, un ricco commerciante di Kobe (Takahashi Issey), durante un viaggio in Manciuria viene a sapere degli esperimenti di guerra biologica condotti dall'esercito su cavie umane cinesi. Avendone le prove, cerca di farle pervenire all'estero per denunciare il regime militare, con l'aiuto di suo nipote, di cui uno scherzo del destino causa presto l’arresto. La moglie del commerciante, Satoko (Yu Aoi), all'inizio è ignara dell'impresa, poi la scopre ed è ostile, ma poi, convinta, si unisce al marito. Senza sorpresa i due interpreti sono eccellenti, e in particolare Yu è eccezionale. Wife of a Spy è stato scritto dal regista con due suoi ex allievi, Hamaguchi Ryusuke e Nohara Tadashi; in un’intervista a Mark Schilling Kurosawa dice che grosso modo la sceneggiatura finale è per l’80% loro, 20% sua, e precisa di avere inserito nella sceneggiatura un elemento di particolare crudeltà e paura nella descrizione della temuta polizia militare e dei suoi interrogatori sotto tortura.
Con questo film Kurosawa
continua quella svolta realistica (senza per questo abbandonare il
fantastico in altri film) che caratterizzava Tokyo
Sonata
del 2008; il quale però conteneva comunque un elemento di irrealtà,
nascosto ma presente nella prima parte, scoperto nella seconda parte
“alla Kitano”. Wife of
a Spy è il primo film in
costume di Kurosawa, e già questo rappresenta uno stacco nella sua filmografia; ma soprattutto, il suo carattere di film spionistico (e
mélo) impone dei personaggi “forti”: ecco una differenza
rimarchevole rispetto alle figure smarrite, insicure, talvolta
addirittura umbratili, cui ci ha abituato il suo cinema (per il quale
si potrebbe ben dire “evaporazione dell'uomo”, rubando il titolo
a un film di Imamura Shohei).
Questo fatto di essere
obbligatoriamente ancorato al terreno del reale non impedisce che la
mano di Kurosawa sia molto riconoscibile. Nel film ritroviamo
perfino, qui molto diegetizzato, quel tema del viaggio come sogno
irrealizzato di liberazione, che è ritornante nel suo cinema.
La
regia perfetta di Kurosawa è stata giustamente premiata a Venezia.
Ritroviamo nel film il suo amore per il surcadrage,
le eleganti inquadrature geometriche, la centratura, nonché la
creazione di un nuovo spazio attraverso la rivelazione di un vano
prima non visibile. E’ assolutamente da applausi una breve scena in
cui Takahashi Issey vede una colonna soldati marciare per una strada
di Kobe, si sposta, seguito in carrellata, davanti a un edificio fino
alla strada vicina, e vede gli stessi soldati marciare per questa
strada verso la mdp, tutto in piano sequenza; qui s'incontra con Yu
Aoi mentre i soldati passano in primo piano davanti a loro.
Inutile
aggiungere che viene maneggiato con mano assai sicura il tema col suo carico di suspense. Va
assolutamente menzionato l'impiego dichiaratamente alla Hitchcock
della scacchiera con dei pezzi sopra che si vede nelle scene relative
alla cassaforte.
Stupendo l'uso del cinema (i due coniugi sono
regista e attrice dilettanti di un film di fiction, che vediamo
proiettato in casa loro). Qui per inciso lo schermo portatile,
inquadrato frontalmente, crea una di quelle “finestre”
nell'immagine che Kurosawa ama tanto. Ma in primo luogo, il film di
spionaggio in b/n che i due hanno girato si rivela poeticamente una
mise en abyme
dello stesso Wife of a
Spy, sia per quanto
riguarda il contenuto spionistico sia per quello melodrammatico. I
molti riferimenti al cinema (peraltro è un film anche la prova dei
misfatti dei militari) comprendono anche una menzione di Mizoguchi
nel dialogo e un omaggio a Yamanaka Sadao (lo sventurato regista
amico di Ozu), di cui i coniugi vanno a vedere un film al cinema. Per
esplodere nel pre-finale con Yu Aoi davanti allo schermo bianco, in
una fusione indimenticabile fra l'eroina della vita e quella del suo
film.
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