mercoledì 16 settembre 2020

Wife of a Spy

Kurosawa Kiyoshi

Nel bellissimo Wife of a Spy di Kurosawa Kiyoshi, presentato alla Mostra di Venezia, siamo nel Giappone militarista alla vigilia della seconda guerra mondiale. Yusaku, un ricco commerciante di Kobe (Takahashi Issey), durante un viaggio in Manciuria viene a sapere degli esperimenti di guerra biologica condotti dall'esercito su cavie umane cinesi. Avendone le prove, cerca di farle pervenire all'estero per denunciare il regime militare, con l'aiuto di suo nipote, di cui uno scherzo del destino causa presto l’arresto. La moglie del commerciante, Satoko (Yu Aoi), all'inizio è ignara dell'impresa, poi la scopre ed è ostile, ma poi, convinta, si unisce al marito. Senza sorpresa i due interpreti sono eccellenti, e in particolare Yu è eccezionale. Wife of a Spy è stato scritto dal regista con due suoi ex allievi, Hamaguchi Ryusuke e Nohara Tadashi; in un’intervista a Mark Schilling Kurosawa dice che grosso modo la sceneggiatura finale è per l’80% loro, 20% sua, e precisa di avere inserito nella sceneggiatura un elemento di particolare crudeltà e paura nella descrizione della temuta polizia militare e dei suoi interrogatori sotto tortura. 

Con questo film Kurosawa continua quella svolta realistica (senza per questo abbandonare il fantastico in altri film) che caratterizzava Tokyo Sonata del 2008; il quale però conteneva comunque un elemento di irrealtà, nascosto ma presente nella prima parte, scoperto nella seconda parte “alla Kitano”. Wife of a Spy è il primo film in costume di Kurosawa, e già questo rappresenta uno stacco nella sua  filmografia; ma soprattutto, il suo carattere di film spionistico (e mélo) impone dei personaggi “forti”: ecco una differenza rimarchevole rispetto alle figure smarrite, insicure, talvolta addirittura umbratili, cui ci ha abituato il suo cinema (per il quale si potrebbe ben dire “evaporazione dell'uomo”, rubando il titolo a un film di Imamura Shohei).
Questo fatto di essere obbligatoriamente ancorato al terreno del reale non impedisce che la mano di Kurosawa sia molto riconoscibile. Nel film ritroviamo perfino, qui molto diegetizzato, quel tema del viaggio come sogno irrealizzato di liberazione, che è ritornante nel suo cinema.
La regia perfetta di Kurosawa è stata giustamente premiata a Venezia. Ritroviamo nel film il suo amore per il
surcadrage, le eleganti inquadrature geometriche, la centratura, nonché la creazione di un nuovo spazio attraverso la rivelazione di un vano prima non visibile. E’ assolutamente da applausi una breve scena in cui Takahashi Issey vede una colonna soldati marciare per una strada di Kobe, si sposta, seguito in carrellata, davanti a un edificio fino alla strada vicina, e vede gli stessi soldati marciare per questa strada verso la mdp, tutto in piano sequenza; qui s'incontra con Yu Aoi mentre i soldati passano in primo piano davanti a loro.
Inutile aggiungere che viene maneggiato con mano assai sicura il tema col suo carico di suspense. Va assolutamente menzionato l'impiego dichiaratamente alla Hitchcock della scacchiera con dei pezzi sopra che si vede nelle scene relative alla cassaforte.
Stupendo l'uso del cinema (i due coniugi sono regista e attrice dilettanti di un film di fiction, che vediamo proiettato in casa loro). Qui per inciso lo schermo portatile, inquadrato frontalmente, crea una di quelle “finestre” nell'immagine che Kurosawa ama tanto. Ma in primo luogo, il film di spionaggio in b/n che i due hanno girato si rivela poeticamente una
mise en abyme dello stesso Wife of a Spy, sia per quanto riguarda il contenuto spionistico sia per quello melodrammatico. I molti riferimenti al cinema (peraltro è un film anche la prova dei misfatti dei militari) comprendono anche una menzione di Mizoguchi nel dialogo e un omaggio a Yamanaka Sadao (lo sventurato regista amico di Ozu), di cui i coniugi vanno a vedere un film al cinema. Per esplodere nel pre-finale con Yu Aoi davanti allo schermo bianco, in una fusione indimenticabile fra l'eroina della vita e quella del suo film.


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