lunedì 29 settembre 2014

Storia immortale

Orson Welles
Un vecchio ricco che muore: la conchiglia che rotola a terra al momento della morte di Mr. Clay/Orson Welles ci riporta dichiaratamente alla palla di vetro con la neve di Citizen Kane (Quarto potere). E sentendo degli oggetti d’arte bruciati del socio francese suicida di Clay, come non pensare alla casa dove ora Clay abita come a una Xanadu miserabile e degradata, una Xanadu ridotta a un guscio vuoto?
Dove Clay passa irosamente i suoi ultimi giorni, proprio come Kane; il trucco da vecchio di Welles nel ruolo di Clay, evidentemente teatrale, non solo è in linea con l’essenza del cinema wellesiano ma nella sua leggera artificialità ricorda direttamente il trucco di Kane. Clay è un Kane degradato, in questa Macao quasi simbolica, suggerita con qualche comparsa cinese e pochi tocchi su vecchie case. Tutto (anche la ricchezza!) è più povero, più meschino ed estenuato. Il tema dell’abbassamento di grado, dell’impoverimento, attraversa tutto il film.
Dopo che il segretario Levinsky gli ha letto la profezia di Isaia e poi gli ha raccontato una storia, Mr. Clay protesta che a lui non piacciono le storie ma i fatti: “I like facts”, ringhia la voce di Welles nella versione inglese; “Voglio che questa storia sia avveri nella vita reale, e a persone reali”.
E questo è appunto il teatro, che incarna le storie nei corpi. Con la differenza - osserva poco dopo Virginie/Jeanne Moreau - che il teatro non comprende la morte reale e il sesso reale (o i sentimenti reali). E invece sì, risponde Levinsky, nel teatro messo in scena da Nerone. Evoca cioè un teatro-hybris, un “teatro del tiranno”, che si confonde con la vita autentica trasformandola in messa in scena.
Poco più tardi nel dialogo fra Levinsky e Virginie sulla terrazza, ritorna il discorso sull’opposizione fra la grandezza dei potenti e la gente comune; ma dall’imperatore di Roma siamo passati a Clay e agli altri ricchi mercanti. Questo calo di status del paragone è un impoverimento, proprio come il film è l’impoverimento di Clay rispetto a Kane. Figlia del socio costretto al suicidio, Virginie anticipa la prossima fine di Clay: “Il suo totale sarà tutto falsato e non varrà niente” - è da notare qui il tono profetico, appropriato per una storia il cui svolgimento è stato messo in moto dalla lettura di una profezia.
Con Levinsky Virginie parla tristemente del suo viso, dice che il marinaio la vedrà vecchia, si accorgerà che la sua apparente giovinezza è trucco (“...que je suis vieille, poudrée, fardée”). Ma questa situazione - una donna più anziana che si trasforma in giovane truccandosi senza ingannare nessuno - non ci riporta nuovamente al teatro? E infatti il dialogo insiste sulla “commedia” che viene messa in scena.
Poi la “commedia” si compie - ma non è una commedia. Concretizzando nella sincerità dei sentimenti il rapporto amoroso, Paul e Virginie sfuggono alla costrizione della messa in scena. Si tratta di una prima sconfitta di Clay. Il quale però può comunque dire “Ora esiste un marinaio...”: oltre all’hybris di incidere nella carne il teatro (Nerone), potremmo vedere qui anche il tentativo di uccidere una storia facendola passare allo statuto di realtà (“I like facts”).
Ma quando Paul il marinaio se ne va, dice a Levinsky che non racconterà la storia; nessuno, aggiunge, gli crederebbe se lo facesse (però la sua ira dice che è un fatto personale). Donde vediamo che anche in questo Clay è sconfitto. Questa storia non verrà mai raccontata come fatto - quindi resterà una storia, e in quanto tale immortale.

(Citizen Welles, a cura di Giorgio Placereani, Udine-Pordenone 2005)

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