sabato 17 maggio 2014

Pee Mak

Banjong Pisanthanakun

Il thailandese Pee Mak, di Banjong Pisanthanakun, è una sfacciata parodia di Nang Nak di Nonzee Nimibutr - o per meglio dire: senza escludere la parodia diretta (la scena nel tempio), è piuttosto una versione comica della leggenda popolare del fantasma Nak. Questa storia (una donna morta di parto rimane come spettro ad attendere il marito; costui tornando dalla guerra la ritrova e vive con lei ignorando che è un ghost) è stata portata molte volte sul palcoscenico e sullo schermo, tra le quali lo splendido film sopra citato. Del resto ritroviamo un racconto simile in Giappone in un episodio del classico I racconti della luna pallida d'agosto di Mizoguchi Kenji.
Come in tutte le grandi parodie (come Per favore non mordermi sul collo), il supo puntiglio è di fingere di prendere sul serio l'elemento terrorizzante: così l'accompagnamento musicale è tenuto straight, e lo stile filmico è quello dell'horror - l'eccellente interprete della donna-spettro, Davika Hoorne, lancia certe occhiate alla Barbara Steele che non sfigurerebbero in alcun horror serio, mentre l'elemento comico è tutto lasciato alla recitazione dei cinque imbecilli che le fanno da contraltare maschile (il marito e i suoi quattro amici). I loro dialoghi introducono elementi di gustoso anacronismo (la battuta su Spiderman è oltraggiosa, e mi ha rovinato per sempre: non potrò fare a meno di ricordarmela ogni volta che vedrò uno spettro orientale pendere a testa in giù!). Il film com'è ovvio gioca molto sull'aspetto metacinematografico: vedi - per fare solo un esempio fra tanti - la scena del discorso patriottico all'inizio, in cui l'accompagnamento musicale “serio” (in questo caso, eroico-romantico) si spegne improvvisamente, col classico effetto nastro, su una battuta che fa da anticlimax.
Quella dello spettro Nak è una storia di fantasmi e d'amore - e il presente film non ci rinuncia. E' assai bello come in mezzo ai momenti di buffoneria assoluta riesca a infilare degli squarci romantici: penso a una stupenda sequenza in cui Nak e il marito vanno in giro per il parco divertimenti (per inciso, in questa scena lei porta una maschera di cartone da ghost sul viso, con bel tocco metanarrativo) - oltre che, naturalmente, all'obbligatorio confronto finale. Solo dopo questa pagina commovente (che è un altro bell'esempio di mix fra romanticismo e buffoneria), con la risoluzione qui positiva della vicenda il film può permettersi di rendere comici direttamente i poteri spettrali di Nak - con alcune scenette/barzelletta sui credits che sono belle quanto in un film di Mel Brooks.

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