martedì 7 maggio 2013

The Last Supper

Lu Chuan

The Last Supper è un potente dramma storico, scritto e diretto da Lu Chuan (City of Life and Death); il montaggio, importantissimo, è firmato da Liu Yijia. Nel film si intrecciano le storie di tre personaggi, Liu, di umile origine ma destinato a diventare imperatore, Yu, il generale ribelle sotto la cui bandiera ha combattuto contro la dinastia Qin, e Xin, il cui cambio di alleanza dona a Liu il trono, ma del quale Liu non si fiderà più. Fra i tre è un intrecciarsi di tradimenti, di atti di generosità mal ripagata, di sospettose crudeltà. Dietro di loro si agitano i personaggi secondari: in primo luogo la moglie di Liu, Lu Zhi, e poi tutti gli uomini che lo hanno accompagnato nell'ascesa al potere - e con questo hanno camminato verso la propria perdizione.
L' epopea del potere e del tradimento si srotola in un intrico di tempi e di ricordi, a partire dal “racconto primo” con l'imperatore Liu vecchio e disperato, mentre si avvicina la morte e il potere gli sfugge impercettibilmente dalle mani sotto le trame della moglie: l'eccezionale attrice Qin Lan, truccata per la maggior parte del film da vecchia, disegna un'indimenticabile Lady Macbeth cinese, intensa e drammatica nei suoi primissimi piani dagli occhi gelidi.
Il tempo narrativo base, dunque, non è la gloria della giovinezza né la maturità del tradimento: è la vecchiaia, quando il potere sa di cenere - e questo è Shakespeare, nume ispiratore del film (non solo tramite Kurosawa). Non per nulla certe inquadrature del vecchio imperatore hanno una tipica costruzione da teatro-nel-cinema, con il primo piano che si articola in un primissimo piano dell'imperatore e un personaggio immediatamente alle sue spalle. L'aspetto visuale del film è stupefacente: la fotografia di Zhang Li e Ma Cheng raggiunge un livello di bellezza da mozzare il fiato, ben al di là dello “spazio largo” necessariamente concesso alla foto nei film storici; e l'equilibrio dialettico che vibra in queste composizioni è prettamente cinese.
La consegna della testa mozza del generale Xin apre la lunga partita a tre che si dipana retrospettivamente attraverso diversi strati temporali nella tessitura dei flashback. Complesso mosaico di tempi e di ricordi, il film autorizza un riferimento a Ejzenštejn - non per l'aspetto visuale ma per il montaggio, che non è semplicemente narrativo ma prettamente intellettuale. Un suono chiama un'immagine, un'immagine chiama un tempo; il processo del pensiero si svolge sotto i nostri occhi: il lavoro della memoria va oltre la normale funzione drammatica dei flashback perché ne riprende e ne sviluppa l'interiorità. Benché alla fine il quadro si delinei pienamente, pure l'impressione che la visione trasmette è quella di un caos corrusco ed onirico. Anche se molti flashback hanno spesso un contenuto oggettivo, rivelando cose che il protagonista non può sapere, la crudele confusione del mondo, che emerge dal racconto, si accorda perfettamente con la dimensione soggettiva della mente turbata del vecchio imperatore.
Da questo caos gli episodi, frammenti di passato, emergono come lampi, amplificati dalla grande bellezza visuale. Cito solo il banchetto di Yu col tentativo di omicidio, prolungata sequenza d'incubo ritmata dalla danza del guerriero armato di spada (un altro asset del film, è l'uso stupendo del suono).
Lungo tutto il film serpeggia un coraggioso riferimento al passato prossimo della Cina comunista - per esempio il fondamentale discorso “orwelliano” sulla possibilità di cambiare il passato riscrivendo la storia: il potere è anche il controllo degli archivi. Ma anche al di là della storia della Cina, The Last Supper parla, con implacabile potenza, del dramma umano.

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