Peter Jackson
C'è un senso fatale legato nel cinema alla voce narrante (è già accaduto!): ancor più quando è la voce narrante di un morto che ci raggiunge, malinconica e assoluta - come la voce di William Holden che galleggia cadavere nella piscina in “Viale del tramonto”. E quindi la voce narrante di Susie (Saoirse Ronan) in “Amabili resti” di Peter Jackson: “Avevo 14 anni quando fui uccisa”; e ci parla meditabonda e dolente, con la saggezza acquisita tramite la morte: “Erano i tempi in cui la gente pensava che certe cose non accadessero”. Susie è stata violentata e assassinata da un vicino di casa, Mr. Harvey (Stanley Tucci), che è un serial killer mai scoperto. Dopo la morte, sospesa in una specie di limbo, continua a guardare il mondo senza potervi intervenire; assiste alla disgregazione della famiglia, col padre che va fuori di testa, e allo scacco della giustizia: “Il mio assassino cominciava a sentirsi al sicuro”. Potrebbe passar oltre nell'aldilà; ma l'immenso torto che ha subito la lega all'immediatezza. Vedendola bloccata in questo universo fantastico comprendiamo che ne era un'anticipazione il pinguino nella boccia di vetro con la neve, “intrappolato in un mondo perfetto”, un primo ricordo infantile che vediamo all'inizio.
Nella prima parte di questo film fondamentalmente mancato si direbbe che Peter Jackson, portando sullo schermo il bestseller di Alice Sebold, abbia saputo rinnovare l'altezza del suo cupo epos adolescenziale “Creature del cielo” del 1994 (che anch'esso, fra l'altro, metteva in scena un mondo doppio). La pagina dell'omicidio, senza mostrar niente dell'effettiva violenza, è quasi intollerabile. Susie viene attirata da Harvey in una casa-trappola sottoterra - un sotterraneo arredato con inquietanti statuette come un grosso gufo - e qui le inquadrature in dettagli strettissimi che riempiono lo schermo, aumentando via via che cresce l'angoscia della ragazzina, non si lasciano dimenticare.
Dopo la morte, dunque, Susie abita un aldilà di transizione, continuamente mutevole. Il film si svolge così in due mondi, due serie visuali – che dire divergenti è dir poco. E' infinitamente più convincente, nonché coinvolgente sul piano emotivo, la storia nel mondo “reale”. Il mondo fantastico dell'aldilà di Susie, continuamente mutevole in base alle emozioni, è un universo piuttosto puerile e kitsch, un trionfo ultracolorato della computer graphics, con paesaggi irreali, alberi dalle foglie che diventano uccelli, con un mare in tempesta pieno di gigantesche navi in bottiglia come quelle costruite dal padre (dovrebbe essere poetico, e invece sfiora il ridicolo). E' vero che è l'aldilà “di” Susie, un'elaborazione mistica del mondo fantastico di una quattordicenne. Nondimeno, Jackson avrebbe dovuto asciugare. Invece, senza alcuna disciplina, ci butta dentro tutte le idee che gli vengono in mente (anche un micropianeta stile “Il Piccolo Principe”). Una sola è graziosa: Susie e la ragazzina che le tiene compagnia in questo mondo “guardano” nel mondo dei vivi il primo amore della sorella Lindsay come se fosse un film sentimentale, mangiando popcorn.
Si produce una divaricazione di livello espressivo, di valore estetico, che deturpa il film. Senza di essa “Amabili resti” funzionerebbe assai bene, nonostante alcuni difetti di sceneggiatura: personaggi (o sviluppi) accennati e poi dimenticati, e una certa difficoltà a finire, come mostra il confuso episodio della cassaforte.
A questa difficoltà pertiene (attenzione! Importante spoiler) la fine di Harvey: mentre abborda un'altra vittima, un ghiacciolo gli cade addosso e gli fa perdere l'equilibrio sul bordo di un precipizio mandandolo incontro a una meritata (benché troppo rapida) fine. Ma chi ha spezzato quel ghiacciolo? Susie? Ma per tutto il film lei grida la sua voglia di vendetta senza riuscire a influenzare le cose terrene. Dio? Ma sappiamo troppo bene che, quando si tratta di impedire un orrore o di punire una carogna, Dio si fa un sonnellino. Qualche arcana legge del karma? Ma non poteva arrivare prima, già che Harvey ne ha uccise una decina? Ahimè, insieme a Harvey si schianta la credibilità.
sabato 27 febbraio 2010
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