domenica 16 marzo 2008

Il petroliere

Paul Thomas Anderson

Gilles Deleuze in uno dei libri più belli mai scritti sul cinema, il dittico “L’immagine-movimento”/“L’immagine-tempo”, fa un’analisi illuminante del naturalismo, che “non si oppone al realismo, ma ne accentua invece i tratti prolungandoli in un surrealismo particolare”. Poche citazioni frammentarie non possono dar conto qui d’un discorso densissimo: nei “mondi originari” sottesi agli ambienti reali “i personaggi vi sono come altrettanti animali”, in un complesso che “fa convergere tutte le parti in un immenso campo di sporcizia o in una palude, e tutte le pulsioni in una grande pulsione di morte”. E’ implicita la dimensione mitica (“un’immagine originaria del tempo”, dice Deleuze), che sorge proprio da questa elementarità primeva e terragna.
Notazioni preziose per intendere “Il petroliere” di P.T. Anderson (“There Will Be Blood”, tratto da “Oil!” di Upton Sinclair), epica di un’avidità vitale e famelica che diventa distruzione e autodistruzione. Ai tanti riferimenti che sono stati fatti, Huston, Ford, Hawks, Stevens, Welles, Kubrick, mi sembrerebbe giusto aggiungere Coppola (per le nascoste vibrazioni melodrammatiche) ma soprattutto Erich von Stroheim. Un epos raccontato secondo il più schietto naturalismo (portato all’estremo nel grande scontro finale) crea un film di magnetica potenza, sinfonia di emozioni e di paesaggi registrata da una macchina da presa esterna e stupefatta davanti alla loro grandezza e alla loro inumanità. Basilare è l’apporto della fotografia di Robert Elswit e dell’audacissima “score” di Jonny Greenwood.
Inizio nel 1898: Daniel Plainview scava, solo come un topo, in una profonda buca. Il buio dello scavo, le scintille delle picconate: un concetto di violazione della terra nel contesto della nascita del capitalismo minerario. Si tratta di una violazione edipica; a questo penetrare violento nel grembo della madre terra corrisponde per inversione l’immagine fallica delle torri petrolifere. Ma quel ch’è sconvolgente in Anderson (e nel suo interprete in stato di grazia, quasi un gemello o un coautore, Daniel Day-Lewis) è la fisicità, è - invento qui un termine che vale per tutto il film - la “terrestrità” del lavoro e dei colpi di piccone. Nel cinema, che è messa in scena, la fatica e il dolore sono di necessità mimati: sono una riproduzione, imitativa o simbolica, uno “stare per”. Qui invece il film ne riproduce diabolicamente l’essenza. Aiuta questa concentrazione di significato l’audace scelta per cui i primi 15 minuti del film sono interamente muti. Sentiamo solo ansimare, e suoni inarticolati.
Ferocemente Daniel scava, mente, scava, costruisce. Confesserà al sedicente fratellastro Henry, mentre un alone sanguigno tinge di rossastro i visi: “Io sento la competizione in me. Io non voglio che gli altri riescano. Odio la maggior parte della gente, io”. “Voglio guadagnare così tanto da poter stare lontano da tutti”. Fino a perdere per strada il figlio adottivo e finire in una solitudine pazzoide che ricorda il Kane di “Quarto potere”.
Quando Daniel versa whisky nel latte al neonato rimasto solo dopo l’incidente, questa brutalità “western” lega il padre putativo e il figlio, ma in qualche modo evoca allusivamente lo scontro futuro. “Il petroliere” è un film pieno di anticipazioni: non solo per ragioni narrative ma perché la sua aura mitica, caricando di risonanza ogni avvenimento, lo carica di un senso di presagio.
La strada di Daniel s’intreccia con quella del reverendo Eli (Paul Dano), manipolatore dell’isterismo religioso. “Doppio” istrionico di Daniel, anche Eli costruisce un suo impero (solo che il suo rappresenta una beffarda parodia delle parole evangeliche, “Il mio regno non è di questa terra”). Tuttavia Eli mantiene sempre un che di strisciante e di perdente in confronto alla monomania rocciosa, e in un suo torvo modo eroica, di Daniel. La loro storia termina col sangue: “There Will Be Blood”; “Si vedrà il sangue” sarebbe stato un titolo italiano migliore, anche perché questo titolo entra nel racconto, come sigillo conclusivo.

(Il Nuovo FVG)

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