martedì 8 gennaio 2008

Star Wars - Episodio I - La minaccia fantasma

George Lucas

Una critica arcigna ha bersagliato più del dovuto il ritorno di George Lucas col primo capitolo della nuova trilogia-prequel di “Star Wars”. Sebbene inferiore alla trilogia classica, “Star Wars - Episodio I - La minaccia fantasma” è assai bello; possiede un fascino che sa crescere nel ricordo, ed è questo il tocco magico di Lucas. Il film riprende il primo “Guerre stellari” del 1977 in tre punti chiave (l’ingresso all’inizio dei due Jedi nell’astronave, che è quasi una versione rovesciata di quello di Darth Vader; la parte sul pianeta Tatooine; la battaglia spaziale conclusiva) intessendolo di rimandi e nuovi motivi. Ritorna quel gusto etnografico misto di semplice fresco umorismo che segnava il primo film della trilogia. Il trionfo della tecnica digitale - almeno un personaggio disegnato al computer, Jar Jar Binks, recita meglio di quelli in carne e ossa - veste di forme moderne, anche occhieggiando ai videogames, una nostalgia antica: l’uso insistito delle “tendine” come segno d’interpunzione ricorda il cinema degli anni ’50 e il fumetto.
Va detto che il difetto basilare de “La minaccia fantasma” in rapporto alla vecchia trilogia è un offuscamento della dimensione mitica. La grandezza della Forza (cui in apertura di “Guerre stellari” ci introduceva paradossalmente Darth Vader) è più nominata che realmente percepita, nonostante Lucas ce ne dia una spiegazione biologica non necessaria; balena solo nel bel discorso di Yoda davanti al Consiglio dei cavalieri Jedi (“La paura è la via per il lato oscuro...”).
Il “Guerre stellari” del giovane Lucas, che ruppe la fredda fantascienza degli anni ’70 come un grido nella notte, era il trionfo dell’irruenza giovanile, della volontà e del sogno (lo rispecchiava la spudorata fanfara di trombe, genialmente semplice, ch’era la sigla della saga, e che qui manca): vedere una splendida donna, partire per salvarla, trovare una spada, soffrire e vincere era un tutt’uno. “La minaccia fantasma” è il discorso di un vecchio, che guarda alla follia eroica della giovinezza con occhio più pensoso. Nel film, fra eroismo e sacrificio, emerge forte il senso della complicazione politica e strategica (“Io posso proteggervi. Non posso vincere questa guerra per voi”); anche se poi rimane la vittoria come opera di un semplice che segue l’istinto (il giovane Luke in “Guerre stellari”, il bambino Anakin ne “La minaccia fantasma”), concetto collegabile al sottofondo zen della saga. Nella prima trilogia la politica era assente, negata dall’oppressione dell’Impero; qui invece quella che potremmo chiamare la nebbiosità della democrazia ha un ruolo centrale. La descrizione dello smisurato Senato galattico resterà come una delle più grandi descrizioni dell’impotenza della politica che ci abbia dato il cinema.
Potremmo dire che “Guerre stellari” è il modo della primavera, “La minaccia fantasma” è il modo dell’autunno. Perché “La minaccia fantasma” è malinconico; come nell’Ariosto, dietro gli amori e gli scontri si insinua un senso doloroso di fallimento e inutilità. Qui è il Male che s’introduce dentro il Bene, mentre nella prima trilogia era il contrario: quella era la cronaca di una liberazione, questa di una caduta. Il concetto base del film è che tutti gli spettatori sanno che l’eroe bambino Anakin Skywalker è il futuro Darth Vader, incarnazione demoniaca del lato oscuro della Forza. Nella scena dell’addio a casa di Anakin su Tatooine, con questa madre-Madonna (il bambino prodigioso è nato senza un padre) e col ieratico Qui-Gon Jinn si forma per un attimo una Sacra Famiglia: ma è una Sacra Famiglia fallita e semiparodistica, in cui il fanciullo divino è destinato a trasformarsi nel simbolo del male. E non è un’amara ironia che proprio la vittoriosa resistenza dei nostri eroi al male porti al potere il senatore Palpatine, futuro Imperatore e oppressore della galassia? Nel trionfo si cela il seme del fallimento; nella vittoria la sconfitta.

(Il Nuovo FVG)

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