sabato 12 novembre 2022

L'ombra di Caravaggio

Michele Placido

Ci dovevano essere dentisti bravissimi nella Roma del Seicento, e anche un sistema molto avanzato di sanità pubblica, perché anche i ceti più poveri esibivano dentature bianche e regolari da fare invidia. Scherzi a parte, prescindendo da questo difetto (peraltro molto comune nei film) nel discreto L'ombra di Caravaggio di Michele Placido la messa in scena è sontuosa, con bei costumi, belle ambientazioni e una buona fotografia che in genere – come stupirsi? – ricerca tagli di luce “caravaggeschi”. Il film segue il tradizionale procedimento dell'inchiesta: su incarico del papa, l’Ombra (Louis Garrel) – un cupo cavaliere fanaticamente cattolico, una sorta di inquisitore non ufficiale – compie una ricerca sulla vita e i peccati di Michelangelo Merisi, il Caravaggio (Riccardo Scamarcio); alla fine incontrandolo, in un colloquio-spiegone finale alquanto pesante, reitera la posizione della Curia per cui il realismo di Caravaggio è inaccettabile e apre la strada al dubbio.
Il limite del film, parzialmente parlato in un bizzarro ma non spiacevole “italiano antico”, è una sceneggiatura apertamente didattica, che insiste in modo ripetitivo sul concetto del Caravaggio che dipinge la realtà; verissimo ma riduttivo; per cui il tentativo di illustrare i suoi dipinti è centrato più sul realismo e sui modelli presi dalla strada che su aspetti non meno importanti quali la composizione e la luce. Va però riconosciuto al film di legare la pittura di Caravaggio non a un generico impegno realistico ma a una posizione “pauperistica” presente nel grande e lacerato dibattito interno al cattolicesimo dell'epoca, anche se non va oltre alcune dichiarazioni, per cui una figura come la marchesa Costanza Colonna (Isabelle Huppert), seppur molto presente, risulta un po’ nebulosa.
Non manca, come in tutte le biografie di personaggi famosi, un po’ di name dropping: Caravaggio frequenta San Filippo Neri e incontra in carcere Giordano Bruno, mentre l’Ombra interroga una Artemisia Gentileschi spaventata e piangente (non molto lusinghiero per una delle donne più coraggiose del suo tempo). Stupirà alcuni spettatori che il film adotti l’ipotesi, avanzata di recente, dell’assassinio di Caravaggio invece che quella tradizionale della morte di malattia, ma a ben vedere essa è già inscritta nella ricerca del gelido inquisitore.
Invero non si può dire che emerga a tutto tondo l’affascinante figura storica di questo genio rissoso tormentato e libertino, complice anche un’interpretazione non del tutto convincente da parte di Scamarcio; meglio i comprimari; è una bella sorpresa vedere Alessandro Haber, con impressionante somiglianza, nel ruolo del vecchio mendicante che servì da modello – con scandalo generale – per la Crocifissione di San Pietro. In ogni modo l’aspetto spettacolare non manca; citiamo il tenebroso inizio a Napoli o la bella sequenza del duello con Ranuccio Tomassoni, con le sue inquadrature perpendicolari e l’ottima trovata del cane che si agita in mezzo ai contendenti.
In sintesi, L’ombra di Caravaggio è un biopic tradizionale e complessivamente dignitoso (il classico film al quale gli insegnanti possono portare in "uscita didattica" le loro classi) – anche se non raggiunge la veridicità e l’intensità dello stupefacente Dante di Pupi Avati.

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