martedì 9 maggio 2017

Survival Family

Yaguchi Shinobu

Come diventerebbe la nostra vita se improvvisamente e misteriosamente sparisse l'elettricità? Dopo il momento di sconcerto iniziale, l'iper-urbana famiglia Suzuki mette le gambe in spalla, o meglio monta sul sellino della bicicletta, e cerca perigliosamente di raggiungere il nonno pescatore che abita sulla costa, molto lontano.
Survival Family è estremamente piacevole. Ci sono momenti di vera satira (gli impiegati che sfondano la porta della ditta pur di entrare a lavorare!) ma è una satira delineata così finemente che si confonde con la pura osservazione. Per cui specie la prima parte del film è quasi uno studio di antropologia giapponese: uno dei suoi motivi di fascino.
Il film è costellato di idee intelligenti (memorabile il gruppo di donne cieche che si sono inventate un mestiere come guida in un lungo tunnel). Col progredire della storia si crea un'autentica empatia verso la famiglia protagonista, e lo spettatore “sente” la situazione a tal punto che quando appare una tavola di cibo “normale” dopo molto tempo, fame e cibo per gatti, ci sembra di sentir brontolare il nostro stomaco.
Risolutamente ottimista, il film trascura completamente quei (sicuri) risultati della situazione messa in scena che sarebbero la violenza e il saccheggio, o almeno la prostituzione in cambio di cibo. Però sarebbe ozioso rimproverarglielo in nome di un mediocre realismo: quello che importa è che costruisca un racconto in sé plausibile e capace di avvincere lo spettatore, e su entrambi i piani il film è pienamente riuscito. Notevole è soprattutto il suo tono sobrio: fra tante occasioni, solo una scena è fortemente enunciativa (la corsa in ralenti verso il padre ritrovato), e siccome arriva alla fine sciogliendo un punto di tensione emotiva forte, è più che accettabile.
Probabilmente il segreto di Yaguchi è che, al di là della buona tecnica di scrittura e della sicurezza di regia, è un convinto umanista. Non è la prima volta che nella letteratura/nel cinema assistiamo all'apocalisse come occasione per una rinascita spirituale – uno dei primi a farlo in forme sociali, cioè senza recuperare il mito di Adamo ed Eva, è stato un intelligente scrittore reazionario francese, René Barjavel (un cui romanzo, fra l'altro, mette in scena proprio la scomparsa dell'elettricità). Però anche quando la trasformazione del mondo ha un esito positivo, passa per la violenza, magari in stile western, ed è duramente definitiva. Nel film di Yaguchi invece l'esito è una trasformazione personale, che ha luogo in un “nuovo mondo” che è tornato a essere quello precedente sul piano tecnologico – anche se non sappiamo quanto, e si si presume che con l'esperienza vissuta la gente sia diventata più saggia, come lo sono diventati i membri della famiglia. Più che moralismo apocalittico, è moralità, che è meglio.

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