venerdì 26 settembre 2014

Miss Oyu

Mizoguchi Kenji
Tratto da un romanzo di Tanizaki intitolato Ashikara, il film è ambientato nell’epoca Meiji. Frutto di un accurata ricostruzione d’ambienti, la ricerca estetica del film, di grande rilievo, più che l’era Meiji, ricorda molto da vicino lo spirito dell’età Heian, età d’oro per eccellenza della storia giapponese: molto spazio è dato alle scene dedicate a cerimonie del tè ed esecuzioni musicali, che rievocano gli splendori dell’età classica. Oyu ama vestirsi in modo arcaico quando offre i suoi concerti di koto, e tutto il suo personaggio è segnato di una raffinatezza quasi estenuata. 
Si potrebbe sostenere che Oyu-sama sia il capolavoro di Yoda come sceneggiatore. All’inizio del film Shinnosuke vede Oyu camminare in un boschetto, si innamora immediatamente di lei, e crede che sia Oshizu: già l’apertura ha espresso tutto; nel corso del film, niente è enunciato, tutto è esplicito, eppure tutto è perfettamente chiaro. I giochi del non detto, ma evidente, si incrociano con la drammaticità del detto – come nella confessione di Oshizu in punto di morte – scavando in profondità nello spettatore, coinvolgendolo emotivamente in modo lento ma inesorabile.
Il film caratterizza splendidamente l’ambiguità di Oyu, fra consapevolezza della situazione – all’inizio con il fidanzato della sorella ha momenti di autentica coquetterie, ed è lei a manovrare affinché questa situazione di rapporto a tre si realizzi – e il senso di colpa quando viene a sapere del reale rapporto fra Shinnosuke e la moglie. Tanaka Kinuyo è perfetta nel rendere questa ambiguità – indimenticabile la scena in cui Oshizu si veste per il matrimonio e Oyu, vicina a lei, la guarda con occhi affettuosi, ma anche con un fondo di impenetrabile durezza, come pozzi di acqua nera. In Mizoguchi il concetto di sacrificio (non solo di una donna per un uomo: qui, di Oshizu per la sorella) è portato al calor bianco. Se, com’è stato giustamente detto, Mizoguchi è il cineasta della passione, anche questa è passione: l’intensità sublime e suicida del sacrificio. 
  
(Mizoguchi Kenji. Un'implacabile perfezione, a cura di Cecilia Collaoni e Giorgio Placereani, Udine-Pordenone 2007)
 

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