sabato 3 luglio 2010

The Hole

Joe Dante

E' giusto scocciarsi leggendo un titolo come “The Hole - In 3D”, incrocio contronatura fra la storia e il dispositivo, come il vecchio “Totò a colori”. Ma il discreto film di Joe Dante potrebbe avere qualche giustificazione: nell'attuale voga dei film tridimensionali, “The Hole” è uno di quelli che meglio usano la dilatazione illusionistica dello spazio, ch'è l'unico (tenue) titolo d'interesse del 3D, anziché scaraventare oggetti contro gli spettatori come ad esempio l'ultimo “Final Destination”. Vale per scene quotidiane come il dialogo iniziale fra il giovane Dane e sua madre; vale tanto più quando l'amplificazione dello spazio è usato ai fini della suspense: quando i due fratelli cominciano a gettare sonde e oggetti nel misterioso buco senza fondo scoperto in cantina, la mdp si concede anche il controcampo da dentro la galleria, e il 3D esaltando la distanza aumenta l'effetto.
A guardare la produzione horror americana, metà dell'umanità è costituita da madri sole e squattrinate con due figli o figlie (di cui uno/una invariabilmente rompipalle), che traslocano in una casa infestata. Qui i fratelli Dane e Lucas trovano il buco, con una botola bloccata da lucchetti; tolti quelli, a tener ferma la botola non bastano neanche i chiodi. Il guaio è che cominciano a uscirne sinistre entità: la materializzazione delle peggiori paure di chi viene attaccato. Niente di assolutamente terrificante, però: non solo per la riduzione dei protagonisti al mondo adolescenziale e infantile, “The Hole” è dichiaratamente un film per ragazzi, l'equivalente della produzione letteraria chiamata “young adults”.
Da bravi ragazzi moderni, che non si confiderebbero con i genitori nemmeno se fossero minacciati dall'uomo lupo, i fratelli non dicono niente a una madre peraltro distratta e si coalizzano con la figlia dei vicini, Julie, per fare qualcosa, senza sapere cosa. Qui Joe Dante introduce un tocco di umorismo - i tre tengono d'occhio il buco “armati” con caschi sportivi, mazze da baseball e coperchi di pentola come scudo - che è carino, benché poco in sintonia con un film privo di toni scherzosi (ma nota lo humour citazionistico - Dante ci sguazzava ne “L'ululato” - nel battezzare una fabbrica di guanti Orlac).
La sceneggiatura di Mark L. Smith non brilla per originalità. Stephen King potrebbe chiedere i diritti: l'impostazione ricorda “It” su scala ridotta; è molto kinghiano il pupazzo malefico che attacca il piccolo Lucas (ma quando viene spedito a disintegrarsi nel ventilatore è puro “Gremlins”), come pure il poliziotto-zombie. La figura più riuscita è la bambina fantasma. Il suo modo di muoversi a scatti sembra non dipendere solo dal fatto che zoppica perché ha una scarpa sola, e quando la vediamo strisciare come un insetto per tornare nel buco, desta inquietanti reminiscenze di “Ju-on: The Grudge” di Shimizu.
La scena migliore di “The Hole” è quando Julie si arrampica su un vecchio ottovolante in rovina per incontrare la bambina: era stata la sua migliore amica e lei da piccola, per paura, l'aveva lasciata morire in un incidente (dove c'è un fantasma c'è sempre una colpa?). “Sei diventata grande, Julie” - “Lo so. Mi dispiace”. Il triste dialogo fra un disperato spettro infantile e un'adolescente schiacciata dal rimorso, sedute una accanto all'altra sul bordo del vuoto, è superiore a tutto il resto del film.
Peraltro la soluzione visuale più audace è un'altra. Quando Dane (attenzione, spoiler!) si getta nel buco per salvare il fratellino rapito, deve affrontare la propria paura segreta: quella del padre, che li picchiava crudelmente (ad essere pignoli, si sente odore di Stephen King anche qui). Si ritrova in una casa bizzarramente deformata che è il modo in cui il buco riproduce il suo inconscio - o viceversa - e Dante costruisce la casa in termini di puro "caligarismo", ovvero quella deformazione totale dello spazio che prende il nome dal classico espressionista “Das Kabinett des Dr. Caligari”. Anche se il rifacimento dà adito a uno scontro non diverso da tanti altri horror (il fantasma che si nutre delle tue paure viene sconfitto se le superi), la cinefilia di Dante è soddisfatta - e forse anche quella dello spettatore.

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