domenica 29 giugno 2008

L'incredibile Hulk

Louis Leterrier

E’ un luogo comune che alla base dell’Incredibile Hulk ci sia una volgarizzazione del dottor Jekyll e Mr. Hyde. In realtà non è così: ne mancano la malignità e la colpevolezza. Semmai potremmo paragonare questa grande metafora della perdita dell’autocontrollo al mito cinematografico del licantropo. E come l’uomo lupo dopo ogni trasformazione, Hulk ha il problema dei calzoni: poiché al cinema i mostri possono trasformarsi, ma non mostrare al pubblico il didietro nudo – o peggio. Ne consegue che, nell’insoddisfacente film di Louis Leterrier “L’incredibile Hulk”, Edward Norton si preoccupa sempre di comprare calzoni extralarge ed elastici – uno dei pochi tocchi umoristici di un film fondamentalmente privo di humour.
Nel 2003 “Hulk” di Ang Lee era collassato sotto il peso delle proprie ambizioni, concentrando il racconto sul rapporto fra Bruce Banner/Eric Bana e suo padre David/Nick Nolte, ove le colpe dei padri ricadevano sui figli (idea attraente, ma questo regista algido non era riuscito ad applicare al fumetto Marvel lo stesso citazionismo epico-sentimentale che impreziosiva “La Tigre e il Dragone”). Per questo Zak Penn, il nuovo sceneggiatore, ha fatto tabula rasa, riportando il presente film al fumetto e alla serie tv degli anni ’70 con Lou Ferrigno; e forse perché Ang Lee insisteva tanto sulla genesi di Hulk, il presente film la concentra tutta nei titoli di testa, quasi elidendo quel momento rituale che i fumetti chiamano solennemente “le origini”.
Complici anche i molti tagli (che, si sa, hanno fatto incavolare l’interprete Edward Norton, il cui apporto alla sceneggiatura non è stato riconosciuto), “L’incredibile Hulk” ha un che di indeciso; è un film che non riesce mai a emozionare veramente.
A un buon inizio nella favela brasiliana, segue una parte centrale alquanto sciatta e tirata via, nonché segnata da una buona dose di illogicità narrativa - va aggiunto che, contrariamente a quel che pensano i puristi, se lo spettatore avverte l’improbabilità della sceneggiatura ciò è effetto e non causa dell’insoddisfazione: avviene (o importa) solo se il film è debole.
Non lo solleva la storia d’amore spompata e sviolinata con Liv Tyler in una parte alla June Allyson. Questa suggerisce alcune citazioni: non solo Hulk che porta in braccio la donna svenuta realizza l’immagine generativa di tutti i film di mostri, ma la caverna con loro due durante la tempesta sembra Skull Island, è puro “King Kong”; peraltro questi riferimenti erano già presenti in Ang Lee, e certo il film poteva sfruttare assai più il concetto de “la bella e la bestia”.
Finalmente l’avversario Tim Roth (il quale per tutto il film pare ricordarsi di avere interpretato “Planet of the Apes”) si trasforma in un mostro – sembra un po’ Ymir di “A 30 milioni di km dalla terra” – e abbiamo lo scontro conclusivo. Non dico insoddisfacente: non può esserlo, un match in cui Hulk usa come guantoni le due mezze parti di un’automobile; ma restiamo lontani dalla suspense, per esempio, di Spider-Man in lotta con Goblin. Anche perché il montaggio è discutibile. Dei due montatori, Peter Wright e Rick Staine, almeno il primo è senz’altro bravo, come ci dice la sua storia passata da “Apocalypto” a “Last Action Hero”; ma qui, nell’intento di diventare sempre più moderno e adrenalinico, il montaggio assume un che di autodistruttivo: così veloce e frazionato, offusca l’azione.
Il problema è che tutto questo non ci importa eccessivamente: il dramma di Bruce Banner col mostro verde dentro è qualcosa che il film ci racconta, ma non riesce mai a farci realmente sentire. Al tentativo di Bruce di controllare le proprie emozioni viene dato spazio nella parte brasiliana, ma ben poco poi, e l’unico momento è passabilmente ridicolo: mentre fa l’amore con Liv Tyler deve fermarsi per non eccitarsi troppo, se no diventa Hulk – è il coitus interruptus più originale della storia del cinema.
Così abbiamo la strana contraddizione per cui un film sull’effetto disastroso dell’emozione ha una temperatura emozionale che si avvicina allo zero.

(Il Nuovo FVG)

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