lunedì 7 gennaio 2008

Shark Tale

Vicky Jenson, Bibo Bergeron, Rob Letterman


Piacerà questo film al pubblico? La domanda è un po’ irritante ma sempre pertinente: i film sono operazioni commerciali: questa è la loro debolezza ma anche la loro grande forza. E la domanda è più che mai pertinente nel caso di un cartoon, come “Shark Tale” della DreamWorks. Perché in questo caso il “target” è molto preciso ed esigente: non si possono deludere i bambini.
Qualche critico un po’ perplesso (o un po’ spiazzato?) ha opinato che questo film lascerà freddi i bambini poiché non sono in grado di coglierne il flusso di riferimenti satirici “adulti”. Che sia questa la vera brillantezza di “Shark Tale” non c’è dubbio. Dipinge una metropoli subacquea, una NY o Los Angeles ittica, dove la pubblicità della Coral-Cola affianca il megaschermo delle “Breaking News”. Il pericolo pubblico sono gli squali, caratterizzati come mafiosi italoamericani (al Padrino, Don Lino, dà voce in originale Robert De Niro). L’ambizioso e irresponsabile pesce Oscar, che lavora a un autolavaggio per balene, vive nell’area povera ma vorrebbe raggiungere i quartieri alti. Si ricrea la situazione del sarto ammazzasette: per un equivoco Oscar si fa la reputazione di “scannasquali”, diventa un divo dei media, ma alla fine - assieme al figlio degenere del Padrino, uno squalo vegetariano che si traveste da delfino - deve vedersela con Don Lino e tutta la cosca.
Il ricalco ironico dalla metropoli americana a quella dei pesci è estremamente puntuale: un mare - già che siamo in argomento - di intelligenti scherzi e calembours. E’ vero, difficilmente un bambino scoppierà a ridere al nome Mussel Crowe accanto alla stella su un hollywoodiano viale delle celebrità (mussel significa cozza) o alla trasformazione della famosa rivista “Newsweek” in “Reefsweek” (reef: scogliera) eccetera. Ma attenzione, i bambini sono perfettamente capaci di cogliere il quadro generale e - stante che vedono (giustamente) molta televisione - sono per esempio in grado di divertirsi molto alla deliziosa parodia dei film di mafia (la scena in cui tutti gli squali, compreso un pesce-gangster ebreo, vanno a baciare la pinna a Don Lino porgendogli le condoglianze per la morte di un altro figlio è memorabile). Inoltre, i bambini adorano i personaggi vivacemente caratterizzati - avete notato la prontezza che hanno nel memorizzarne i nomi? - e su questo piano il film è imbattibile. Semmai il problema può essere un altro: “Shark Tale” si dedica così golosamente a sviluppare la sua classica costruzione comedy da trascurare un po’ le scene d’azione; in pratica ce n’è una sola, verso la fine.
Comunque si tratta di un film pienamente soddisfacente, assai superiore all’analoga opera marina della concorrenza, il mieloso e sopravvalutato “Alla ricerca di Nemo”. “Shark Tale” è un cartoon che sprizza intelligenza (meta)cinematografica: vedi il flashback che si blocca per la pellicola che va a fuoco, o a un livello più elementare la scena di morte dello squalo, con la retorica classica della situazione gustosamente presa per i fondelli. Certo bisognerebbe vederlo in originale, perché il disegno ricerca una somiglianza fisionomica fra i pesci e gli attori che danno loro voce; Don Lino ha il neo di De Niro, la vamp Lola ha le stesse labbra di Angelina Jolie, Oscar “somiglia” a Will Smith; e parlando di fisionomie, la più espressiva e tenera è l’umile innamorata Angie, doppiata in originale da Renée Zellweger. Per inciso, la trasformazione fantastica ha una doppia valenza: i pesci hanno il ruolo di persone e allo stesso modo di veicoli (pesci gialli come taxi, orche come auto della polizia) e quando queste due trasformazioni coincidono (le balene) si crea un ben bizzarro effetto.
Il dialogo postula fra le righe un’interessante analogia fra l’“outing” vegetariano fra gli squali e l’“outing” omosessuale fra gli esseri umani. Un ulteriore scherzo accuratamente nascosto dentro un film a molti strati, che è un esempio dell’attuale stato di buona salute dei lungometraggi a cartoni animati.

(Il Nuovo FVG)

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